“‘Nta ll’aria” o della poesia dell’attesa
Al Nuovo Teatro Sanità il ritorno del drammaturgo messinese Tino Caspanello che dopo Grenoble, Parigi e Lussemburgo porta in scena a Napoli il gioco amaro di tre esistenze sospese.
Una bella giornata di sole e un balcone da verniciare: due operai, dopo la pausa pranzo, si apprestano a riprendere il lavoro. Il lieto cinguettio degli uccelli contrasta con lo stridere degli strumenti del mestiere sulla ringhiera di ferro, mentre contrastante è anche l’atteggiamento dei due uomini: il primo, interpretato da Tino Calabrò, presenza attoriale costante nelle opere di Caspanello, svolge il compito in maniera seria e professionale, il secondo, interpretato da Alessio Bonaffini, non fa che distrarsi fino a porre la domanda che dà il vero avvio al dramma: “A ttia ti piaci stu travagghiu?”.
Così l’autore Tino Caspanello, in scena al Nuovo Teatro Sanità di Napoli nelle serate dell’11 e 12 novembre, con il lavoro ‘Nta ll’aria rivolge la sua riflessione al reale, presentando, nel vuoto dei dialoghi e nella solitudine esistenziale, uno squarcio su una delle tante tragedie del quotidiano, di cui, nel trambusto e nella frenesia delle nostre vite, nemmeno ci accorgiamo.
Il balcone diventa una gabbia in cui i due uomini sono costretti da un lavoro alienante, in cui non devono far altro che eseguire; non c’è più vino, non c’è più caffè, anche l’acqua è finita, non resta che lavorare e utilizzare per la ringhiera l’odiato colore nero. Tuttavia entrambi sentono il vuoto delle loro vite al di fuori di quel lavoro: la domenica si ritrovano infatti senza nulla da fare, fino a scegliere di farsi reciprocamente compagnia, nonostante non abbiamo nulla da dirsi.
Se l’azione è assolutamente limitata al piccolo spazio del balcone, tra la ringhiera e la porta d’accesso con la tenda a fili di plastica, e se il teatro non vuole mostrare la cura ma solo la ferita, cosa potrà scuotere l’atmosfera che si va caricando di cupa staticità? Ecco allora che fa il suo ingresso la terza protagonista dello spettacolo, Cinzia Muscolino, legata all’autore da un lungo sodalizio artistico e sentimentale. La figura femminile è sempre elemento destabilizzante all’interno della drammaturgia di Caspanello: con la sua aria trasognata e il suo soprabito giallo la donna è luxfero, portatrice di luce, della capacità di sorprendersi e gioire, un fanciullino consapevole che si serve della sua immaginazione per sfuggire ad una morte incombente. Con la donna in scena è presente anche il tema del cibo: è lei infatti a portare nella sua grande borsa il caffè, l’acqua, il vino ed anche il pane.
Il ritmo dello spettacolo – vincitore del riconoscimento “Coup de coeur” presso il Teatro Le Rond Point di Parigi – è scandito dal continuo interrompere e riprendere il lavoro, dal continuo ripetere della donna “Si mmi cerca qualcunu, iò non ci sugnu” e dal suo apprezzare l’aria del balcone. Il testo, di fondamentale importanza per l’autore, nella riscoperta del valore letterario del teatro, trae vigore dal continuo gioco del congedo/ritorno e dal dialetto messinese, scelto non per dare una collocazione geografica all’opera quanto per darle una solida e potente base.
Il finale vede i tre attori, fino a quel momento in piedi, seduti a immaginare la festa, le luci, a bere e a mangiare. L’aria rarefatta e surreale che si respira su quel balcone trasformatosi un una altalena sul mondo diventa però pesante e inquietante alla domanda conclusiva della donna “Comi fa u tempu?’”. Si conferma qui l’ispirazione pinteriana dell’opera di Caspanello, caricando di enigmaticità e vuoto una situazione che, in alcuni momenti, non aveva mancato di suscitare il riso tra il pubblico.
Anna Fiorile
Nuovo Teatro Sanità
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