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Al Piccolo Bellini “Mozart chi?”, ritorno al futuro di un Salieri che racconta agli spettatori come un grande musicista sia stato oggetto di un’imponente campagna di marketing ante-litteram che ha voluto consegnarcelo come il grande uomo che non era. E qui sopraggiunge una domanda: i vizi di chi produce arte possono ridimensionare il valore del prodotto dell’arte?

Mozart chi?

Fonte foto Ufficio stampa

E se il vostro più grande idolo fosse un personaggio dai tratti imbarazzanti e disdicevoli, un tizio poco raccomandabile, poco meno di un impostore. Come reagireste?
Non è la prima volta che un’opera mette a nudo la figura di Mozart, ci era già riuscito uno splendido film, molti anni fa, sul quale non ci soffermeremo. Dunque, che uno dei più grandi compositori della storia non fosse uno stinco di santo lo avevamo più o meno desunto e gli studi, le ricerche, i dati emersi negli anni non hanno fatto che confermarlo. Ma Mozart chi?, al teatro Piccolo Bellini dal 14 al 19 novembre, cerca di travalicare questo aspetto e spinge lo spettatore oltre gli inattesi sentimenti di divertita disillusione e compiacimento verso se stessi per la consapevolezza che anche i grandi sono, in fondo, fallibili.
Nel monologo recitato e diretto da Ennio Coltorti, con rigore e leggerezza, rispettando l’incontro tra l’irrealtà ovvia della situazione e lo spessore dell’argomentazione trattata, mentre le musiche del maestro Antonio Di Pofi al pianoforte e Monica Berni al flauto ne costruiscono la colonna sonora, ci troviamo dinanzi un Salieri catapultato al giorno d’oggi in abiti d’epoca, che prova sì a smontare un mito, a spogliarlo dei tratti virtuosi grazie ai quali Mozart è ricordato e osannato, ma lo fa per la buona causa di isolare ciò che fa davvero di Mozart un gigante: la sua musica. Non che fosse una novità, è chiaro, la musica di Mozart è Mozart stesso, ma Salieri torna in terra per ristabilire la sua verità, vendicarsi dei torti subiti, di essere passato alla storia come un avversore del musicista austriaco, addirittura di averne provocato la morte per invidia e senso di rivalità. Soprattutto, scende in terra, sul palco, per illustrarci una delle prime operazioni di marketing musicale mai messe in campo. Se non altro la più eclatante. Il merito della costruzione del mito Mozart spetterebbe ai suoi eredi, capaci di consegnare ai posteri l’immagine di un personaggio irreprensibile, coraggioso e rivoluzionario, di mostrare nel genio di un irripetibile artista anche le qualità di un grande uomo. Di pretendere Dio in un essere che suonava e componeva da dio. Sì, le due cose sono molto diverse.
Lo spettacolo, con testo di Vittorio Cielo (anche autore del libro MozArt, truffe su un genio, il cui titolo dice tutto) è in scena da circa cinque anni, eppure – non ce ne vogliano l’autore e il regista per questa digressione che in realtà evidenzia un valore dell’opera – il contenuto appare di un’impressionante aderenza alla realtà di queste settimane in cui, con l’emergere degli scandali sessuali nel mondo del cinema, assistiamo quotidianamente al crollo delle monolitiche divinità contemporanee. Artisti che cadono dal loro piedistallo all’affiorare di quei peccati che ne compromettono la reputazione, in una società in cui l’apparenza prevale di netto sulla sostanza. Vedi Mozart, la verità storica emersa sul suo conto, e pensi a Kevin Spacey, ad esempio: un attore che recita da dio, ma che, appunto, non è un dio. I suoi vizi, i suoi presunti reati, ne ridimensionano l’indiscutibile talento? E ancora, un’altra domanda che non ha risposta: l’opera di Mozart avrebbe avuto lo stesso valore se non fosse stata supportata dalla contraffatta e immacolata reputazione del musicista? Non possiamo saperlo, ma sappiamo che c’è oggi chi crede di poter cancellare il frutto dell’arte per le colpe di chi ha prodotto l’arte. Sarebbe un errore imperdonabile, equivarrebbe a ridimensionare Mozart solo perché abbiamo scoperto che non avremmo avuto piacere ad averlo come amico.

Andrea Parrè

Piccolo Bellini
via Conte di Ruvo 14 – Napoli
contatti: www.teatrobellini.it

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