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Con una pièce già vincitrice di Teatri del Sacro V, Vucciria Teatro torna a Napoli disvelando l’ancestrale bisogno di amore degli uomini e dà inizio alla tournée che toccherà Catania, Noto, Torino e Milano.

Foto di Dalila Romeo

Foto di Dalila Romeo

Nato da un’idea di Federica Carruba Toscano, al Piccolo Bellini in scena fino a domenica 17, dove ha debuttato lo scorso 12 dicembre, il nuovo spettacolo della compagnia siciliana Vuccirìa Teatro, Immacolata Concezione. Il palco concede, prima dell’inizio, lo sguardo sulla scenografia di Giulio Villaggio: campeggia al centro un baldacchino ligneo abitato da sei manichini, figure statiche pregne di significato in una performance dinamica e dissacrante, mentre è già risonante il sottofondo musicale.
Dalla profondità della sala entrano i nostri cinque attori, in uno scampanacciare che introduce nella Sicilia rurale degli anni ’40, dove è ambientata la storia a cui stiamo per assistere: una giovane donna viene venduta dal padre alla proprietaria di un bordello in cambio di una capra gravida. Potrebbe sembrare una storia di fame e di miserie ma questa iniziale idea è smentita dall’atteggiamento della ragazza: nuda, portata sul palco per il campanaccio che tiene al collo, non è spaventata né umiliata ma sorride. Concetta, questo il suo nome, interpretata magnificamente da Federica Carruba Toscano, ideatrice dello spettacolo, è considerata una “babba” ma tra le signorine del bordello è la più desiderata. Sarà per qualche trucchetto o giochino particolare? Sorge spontanea la domanda alle colleghe, interpretate dagli attori Enrico Sortino, Joele Anastasi e Ivano Picciallo, che in vestaglia, al ritmo del ventaglio che tengono in mano, ora fatto aprire, ora fatto chiudere, malignano sulla giovane. Il ritmo è elemento fondamentale: gli attori giocano col ventaglio, scuotono un giornale, scandendo l’armonia, segnata, nello svolgersi della pièce, dalla continua ripetizione delle regole della casa-bordello e dalla presenza della musica.

Foto di Dalila Romeo

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Quale sarà dunque l’arte ammaliatrice di Concetta? Ella che, vestita di un succinto corpetto bianco,  resta sorridente nella struttura che, colorata di lucine rosse, diventa la sua stanza del mestiere, mentre sbuccia gli amati mandarini della sua terra e, prima di assaporarli, li strofina delicatamente sulla pelle, per tingersi del loro profumo; ella il cui modo di comunicare si limita al sorriso e al fischio, come si fa con le capre. Cosa avrà di tanto speciale rispetto alle altre “buttane” da essere la più ricercata dagli uomini sposati del paese che alternano gli elogi della donna alla lettura del giornale da cui apprendono notizie di guerre che si limitano a commentare con un “Mah”?
Lei fa l’amore con tutti, ma non in senso fisico e carnale, lei concede agli uomini quel momento di umanità perduta, quella fanciullezza messa a tacere nei soprusi della vita quotidiana: in un’Europa in guerra, in una Sicilia nella sua guerra privata, fatta di fame e di giochi di potere, incarnata nella figura del signorotto Don Saro, lei è l’amore naturale, un felice caos primigenio perduto nel caos malato e malvagio della guerra.
L’idea dello spettacolo del giovane drammaturgo e regista Joele Anastasi, che pure dona una magnifica interpretazione nei panni di Donna Anna, tenutaria del bordello, non sta nel soffermarsi sulla sessualità vissuta come tabù ma sull’umanità vissuta come tabù, come debolezza da respingere. La vera virtù di Concetta è quella di essere amore, innocente come un fanciullo e gaia come un paesaggio colorato e profumato di mandarini. Ella è speranza: lo è per il prete e per Don Saro, figure opposte, collocate in scena ai due estremi del palco, ma pronti, alla fine, ad esprimere il medesimo bisogno.
Leitmotiv della pièce è la storia di Colapesce, raccontata da Turi, giovane sottratto alla miseria da Don Saro per i suoi loschi affari, innamorato di Concetta, interpretato dall’attore Alessandro Lui. Come nella leggenda Colapesce si immola per sorreggere la Sicilia, anche al personaggio di Concetta tocca una simile sorte, morendo nel mettere al mondo quel simbolo dell’amore e della speranza che vorrebbe gli essere umani liberi come gli uccelli che in cielo non fanno la guerra.

Anna Fiorile

 

Piccolo Bellini
Via Conte di Ruvo 14 – Napoli
contatti: www.teatrobellini.it

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