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Ospite del Teatro Bellini di Napoli dal 23 al 28 gennaio, “Teatro Delusio” della compagnia di Berlino, scritto da Paco González, Björn Leese, Hajo Schüler, Michael Vogel, conduce nel dietro le quinte di uno spettacolo teatrale, tra poesia e comicità.

Foto Pierre Borrasci

Foto Pierre Borrasci

È uno spettacolo infinito Teatro Delusio dei Familie Flöz, la compagnia berlinese già conosciuta dal pubblico napoletano quando nel 2012 portò in scena Hotel Paradiso.
Non c’è un momento esatto in cui inizia e uno in cui finisce, né un sipario che delimiti lo spazio del “reale” da quello del “fittizio”
Appena si entra nella sala del Teatro Bellini si notano tre tecnici che lavorano alla costruzione della scena: Andrès Angulo, Johannes Stubenvoll, Thomas van Ouwerkerscale si muovono tra chiodi, cassetta degli attrezzi, trapani, viti, aspirapolvere, montaggio, smontaggio. È il backstage di un teatro, il dietro le quinte, e la situazione rapisce subito lo sguardo dei più attenti che osservano con stupore, mentre a chi consuma i minuti iniziali tra saluti e ultime occhiate allo smartphone arriva la voce della maschera ad avvisare: “Signori, lo spettacolo è già in atto”.
Il gioco della metateatralità ha inizio, e con le luci in sala non ancora abbassate  ecco lo spettatore trovarsi catapultato dietro le quinte, a capire l’ontologia stessa del teatro, la sua natura artigianale di lavoro in continuo divenire, ciclico nella sua ripetitività. L’adrenalina sale, è un privilegio vedere cosa si nasconde dietro una macchina organizzativa articolata che ogni volta si compone di creazione, trasformazione, distruzione e ancora creazione.

Photo: Valeria Tomasulo

Photo: Valeria Tomasulo

La prospettiva da cui osserviamo in veste di spettatori “spioni” è ammaliante e lascia fantasticare su cosa accada sul palco che non vediamo: uno spettacolo vero e proprio (per l’esattezza un’opera lirica) con danze, soprani e applausi (registrati) del pubblico a riempire il lirico che lo ospita. Merito del regista Michael Vogel, di cui sono anche le scene, in grado di stimolare molto l’immaginazione di noi tutti che osserviamo, di ribaltare  lo sguardo canonico a cui si è abituati e di condurci nel backstage di una messinscena  così alimentando una complicità rara tra attori e pubblico.
Quella complicità che dal punto di vista privilegiato in cui siamo, ci lascia toccare con mano l’umanità che pervade ogni relazione,   tra amori, rivalità, antipatie, e la verità che tiene i fili di ogni azione, contro ogni ipotesi di un teatro fittizio e artificioso.
Bob, Bernd e Ivan sono i tecnici che impasteranno le loro vite, sempre all’ombra della ribalta, con la pluralità e la varietà di situazioni che qui accadranno, fino a diventare loro stessi protagonisti del palcoscenico, toccando momenti di alto lirismo ma anche di pura goliardia in un’esplosione di generi artistici che va dalla danza alla clownerie al teatro di maschera.
Teatro Delusio arriva quindi a configurarsi come uno spettacolo completo e complesso, che avvolge e coinvolge appena si mette piede in sala senza e che mai realmente finisce anche quando ci si appresta ad uscire:  mentre la platea e i palchi di via Conte di Ruvo si sfollano, infatti, ecco i nostri riprendere a lavorare – ancora e di nuovo – per smontare le scena.

Foto Gabriele Zucca

Foto Gabriele Zucca

Indubbio  esperimento di “teatro nel teatro” molto riuscito, dunque, Teatro Delusio mantiene – per tutta la durata di una ora e mezzo dello spettacolo – un alto indice stilistico, e in tal senso un ruolo centrale e forte è certamente ricoperto dalle maschere di Hajo Schüler la cui forza comunicativa riesce meravigliosamente a rendere le emozioni e gli stati d’animo dei ventinove personaggi interpretati dai tre attori. Maschere “umane” capaci di prendere vita abbandonando la staticità gelida e la fissa inespressività che le caratterizza normalmente in nome di un forte impatto emozionale sul pubblico, sia nei passaggi più ilari sia in quelli più profondi.
A completare la narrazione scenica, le musiche di Dirk Schröder e le luci disegnate da Reinhard Hubert che imprimono una forte connotazione allo spettacolo ancora una volta coinvolgendo e stimolando le emozioni degli spettatori, senza che della parola, assente, se ne avverta la mancanza.  Perché sofisticato è il mutismo che ne deriva e puntuale – attraverso la commistione di tutti gli altri elementi presenti – è il racconto che ne scaturisce, fatto di poesia e illusioni. Come il teatro, come a volte la vita.

Maria Anna Foglia

Teatro Bellini
via Conte di Ruvo 14 – Napoli
contatti: 0815491266 – www.teatrobellini.it

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