“L’ultimo Decamerone”, le parole che danzano
Frutto di una coproduzione tra la Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e la Fondazione Teatro di San Carlo, il lavoro scritto da Stefano Massini e diretto da Gabriele Russo con metodo antifilologico dà nuova linfa al novellare di Boccaccio, carico di umanità e attualità sotto la patina caratterizzante del suo tempo.
di Antonio Stornaiolo
E tu, lettore, capitato qui per caso, abitudine o passione, e proiettato dinanzi ad un così roboante titolo – che sembra promettere un’edizione definitiva e ultima di uno dei caposaldi della letteratura italiana -, quando insomma predisponi la mente all’immaginazione, lasciando sfumare il mondo circostante nell’indistinto, tu, lettore, a cosa pensi?
Forse hai reminiscenze scolastiche, forse qualche boccaccesca memoria ti viene dai film e dagli spettacoli teatrali che già si sono occupati delle sue novelle, o magari conosci a menadito Certaldo e le sue storie per ragioni di studio e di passione. Eccoti che pensi alla peste nel 1348, eccoti ad immaginare la salvifica fuga di dieci giovani incontratisi – favente tyche – in Santa Maria Novella, eccoti tutto intento a ricordare le storie da loro narrate con sorriso e prurigine e viva partecipazione. Sia benedetto il tuo pensiero, lettore, che paga il giusto obolo alla letteratura italiana e al Boccaccio; ma giunge ora il momento di andare in scena.
E fino al 6 maggio questa scena, di stanza presso il Teatro Bellini dove ha debuttato lo scorso 10 aprile, sarà vivace e vera, e resa palpitante da un progetto impegnativo e ambizioso, che vede collaborare in maniera intensa, intelligente e dunque fruttuosa due Fondazioni di primaria importanza nella scena teatrale nazionale, quella del Teatro Bellini di Napoli e quella del Teatro San Carlo; l’accorta regia di Gabriele Russo, così attenta a bilanciare i pieni delle voci e i vuoti dei silenzi, permette a L’ultimo Decamerone – piéce di cui è autore Stefano Massini – di mostrare fino in fondo la natura insopprimibile ed essenziale del racconto, che fluisce come fiume ora furente ora imperturbabile, fino a sfociare nel mare magnum dell’esistenza.
La collaborazione dei due mondi artistici – o, forse, due modi dello stesso mondo? – è tutta finalizzata alla realizzazione di una sinestesia teatrale da raggiungersi mediante un uso diversificato e funzionale della recitazione e della danza: se alla prima è affidato il compito di costruire la storia – e nessun soggetto sembra allora più centrato rispetto al Decameron di Boccaccio, luogo letterario della parola e dell’invenzione in cui può esistere solo ciò che viene narrato -, alla seconda spetta il compito non meno inessenziale di portare sull’assito il non detto, le circonvoluzioni del pensiero e della coscienza che non osano trasforarsi in verba.
Lo spazio scenico (a cura di Roberto Crea) che fa da sfondo alla messinscena solletica una qual certa emozione dell’abbandono: i tre lati della σκηνή mostrano le alte mura di un palazzo diroccato e corroso dal tempo; mura chiuse, invalicabili e opprimenti, eppure non intatte ovvero bucate da alcuni grossi scarichi fognari che rappresentano l’unica via di comunicazione con tutto quello che sta fuori. Come a dire: comunicare con l’esterno vuol dire passare attraverso la contaminazione, comunicare con l’esterno espone al rischio della malattia e del disfacimento, comunicare con l’esterno è un lungo viaggio nell’oscurità e nell’ignoto di cui non si possono prevedere gli esiti.
In questo spazio del sempre, lungo le mura, sette donne (tante quante le madamigelle che Boccaccio fa riparare in campagna) su sette seggiole lavorano stancamente con ago e filo. E stancamente vanno facendo e disfacendo il Decamerone, raccontando le sue storie – le proprie storie – in un intricato gioco di rimandi alle altre novelle: queste donne protagoniste (e alle donne lo scrittore certaldino dedicò la propria opera), che immerse in un perenne e abulico presente non fanno altro che ripetere stancamente le novelle di sempre, lentamente riaffermano l’ugenza e la necessità del narrare, trasformando le loro parole nella loro vita vera e abbandonando quello che sono per diventare quello che raccontano. E sempre più furia alberga nelle loro parole; e sempre più ineludibile è il desiderio di parlare: parlare e essere diventano la stessa cosa.
E riduttivo diventa pensare alle sette attrici, che hanno sette nomi (Angela De Matteo, Maria Laila Fernandez, Crescenza Guarnieri, Antonella Romano, Paola Sambo, Camilla Semino Favro, Chiara Stoppa); si tratta semplicemente di una bugia: esse sono meravigliosamente chiunque, di qualunque sesso, di qualsiasi indole, con qualsivoglia desiderio. Esse sono tutti, noi compresi. Ma non sono tutto, e non possono esaurire in sé la vis dialettica.
Perché ogni storia ha una fine, e termina nel silenzio e nel non detto.
La messinscena architettata da Gabriele Russo, però, dichiara la propria smodata ambizione: trovare la via per esprimere anche il non detto. Ad ogni intervallo della narrazione, dunque, quando le parole non sono più in grado di sublimare le sensazioni e i pensieri, allora subentra la danza (in scena è il Corpo di Ballo del Teatro San Carlo diretto da Giuseppe Picone, per coreografie a cura di Edmondo Tucci), scortata dalla musica fedele disegnata da Nello Mallardo e Ivano Leva. Orbene, pur nella disabitudine dell’occhio del pubblico ad assistere a spettacoli che giustappongano la danza con la prosa e pur nel talvolta imperfetto livello di armonizzazione delle due arti, lo spettatore può intuire la speculare complementarità dei due momenti, ed apprezzarne la capacità di comunicare emozione e vitalità.
A fine piéce, quando il sipario mette a tacere più di due ore di parole e movimenti, il pubblico può applaudire convintamente e sorridendo. Ha forse imparato qualcosa di nuovo o di grande? Con ogni probabilità no; può però abbandonare la sala di via conte di Ruvo con la consapevolezza che “narrare è inventare” e con il desiderio di cominciare a parlare, vale a dire ad essere.
Teatro Bellini
via Conte di Ruvo 14 – Napoli
contatti: 081 549 12 66 – botteghino@teatrobellini.it – www.teatrobellini.it