Sul palco (poco) responsabilmente: a Londra il Bardo si recita da ubriachi
La compagnia di Sh!t-faced Shakespeare mette in scena “Il Mercante di Venezia” in salsa alcolica.
di Stefania Sarrubba
Un cartello posto proprio di fronte la prima fila della platea del Leicester Square Theatre di Londra recita più o meno così: “Si prega di astenersi dal poggiare i propri drink sul palco”. Bizzarro, considerato che si è qui per assistere a una delle più note e serie opere elisabettiane, Il mercante di Venezia. Il cartello appare meno bizzarro, tuttavia, poiché si tratta di una performance di Sh!t-faced Shakespeare, un concept la cui unica peculiarità è quella di recitare il Bardo completamente sbronzi, shit-faced, appunto.
Un carrello bar sul palco a inizio spettacolo regge numerose bottiglie vuote che uno dei sei attori, che il pubblico non tarderà a individuare, ha consumato prima di andare in scena.
Diversi gli avvertimenti prima della performance vera e propria, con una serie di strumenti distribuiti ai divertiti membri del pubblico, strumenti che questi dovranno utilizzare qualora lo sbronzo di turno stia, Dio non voglia, tornando lucido, così che prontamente gli venga somministrato un altro drink.
Succede così che l’ampio cast venga ridotto ai soli ruoli principali, con un tantino di confusione generata dal mettere insieme personaggi diversi. Quindi, Antonio, che stringe il famoso patto con Shylock da ripagare con la libbra di carne, è anche innamorato di sua figlia Jessica, risultato della scelta di tagliare fuori il personaggio di Lorenzo.
Questa, però, non è l’unico torto che gli ubriaconi di Sh!t-faced, già esibitisi al Fringe Festival di Edimburgo e più volte negli Stati Uniti e in Australia, fanno a Shakespeare.
Rifatta in tutte le salse, l’opera del Bardo qui diviene solo espediente narrativo che sorregge l’impalcatura dissacrante di imprecazioni più che colorite, posizionamenti sul palco completamente sbagliati e squarcio della quarta parete, a cui più volte si fa riferimento, in particolare quando Antonio urla al pubblico di suonare “quella dannata trombetta” per poter bere ancora.
Poco legale? Forse. Divertente? Sicuramente. Si consuma ben poco alcool, in realtà, ma il pubblico se la beve e ci sguazza. Non mancano neppure i momenti di tradizionale serietà, come il noto monologo di Shylock, declamato con una voce baritonale, un momento sospeso nel tempo, prima di riprendere a girare sul carosello insieme ai Magnificent Bastards della compagnia.
I critici che hanno gridato allo scandalo per via di opere così importanti recitate in una maniera che sconfina nell’amatorialità forse hanno perso di vista che, nel teatro elisabettiano, il consumo di alcool e cibo durante la performance era una ritualità che spesso coinvolgeva anche gli attori.
Che il concept di Sh!t-faced Shakespeare abbia delle pecche è ovvio. Innanzitutto, non guasterebbe celare l’identità dell’ubriacone del gruppo senza rivelarla fin da subito con atteggiamenti palesi, bensì lasciare al pubblico il gusto di fare supposizioni. Questo disvelamento immediato rischia di stancare a metà spettacolo, perché la formula irriverente può funzionare, purché vengano rispettate, almeno, le giuste dosi.
E sì, lo spettacolo è pervaso da una sensazione diffusa di caciara amatoriale, tra battute sbagliate, risolini e passi falsi commessi anche dai sobri, che però perfettamente si adattano al tono poco serioso della performance.
Ci piace immaginarceli, questi sei attori e tutti gli altri che si sono avvicendati e si avvicenderanno ancora sul palco, come quelli scartati dal Globe e dalla Royal Shakespeare Company. Dei perdenti che hanno deciso di alzare il medio agli standard insani di compagnie così prestigiose, scolandosi una pinta, come farebbe il pubblico per dimenticare i piccoli fallimenti quotidiani. Se volete andare a vedere Shakespeare, cercate altrove. Se volete settanta minuti di risate sguaiate, siete nel posto giusto.