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Da “Streghe” a “Roswell” passando per “Magnum PI”, questa è l’era dei remake per spettatori nostalgici. Perché vincere facile conviene.

di Stefania Sarrubba

Gilmore girls

Gilmore girls

Prima vennero gli spin-off. Spolpare una serie, riprendendone uno o più personaggi secondari o le stesse tematiche e ambientazione per farne un nuovo prodotto TV. Tuttavia, escludendo Better Call Saul e pochissimi altri casi, non funzionò. Ricordate Joey? Ecco, appunto.
Poi fu la volta del revival e, riportando il cast originale a continuare le avventure dei protagonisti esattamente dove si erano interrotte, Gilmore Girls, su tutti, ha tenuto sul filo il mondo intero per quasi dieci anni fino alla reunion di A Year In The Life del 2016.
Parliamoci chiaro: non tutte le serie sono Gilmore Girls o Will e Grace. Non tutte possono essere riprese dopo anni come se nulla fosse cambiato, mantenendo i riferimenti culturali intatti e, anzi, espandendoli senza suonare forzati. E certamente non tutte le serie sono Twin Peaks.
Bisognava, quindi, trovare un altro modo per trarre vantaggio dal successo delle serie TV più amate dell’ultimo ventennio. E allora, perché non rifare esattamente la stessa serie, ma ambientandola ai giorni nostri e con volti nuovi, dando così al pubblico un rimpasto del passato? Ebbene, questo è il tempo dei reboot TV.
Termine che origina dal mondo dell’informatica e descrive il processo di restart di un computer, la parola è stata poi applicata anche agli universi finzionali.
Se fumetti e cinema hanno da sempre abituato il pubblico al nuovo inizio di una stessa storyline, in TV questo è un territorio ancora relativamente inesplorato. Perché le serie TV sono esse stesse prodotti piuttosto giovani e il reboot, per funzionare al meglio, deve seguire un intervallo di tempo considerevole, ossia almeno un decennio.
Ci siamo, dunque. La fine di questa decade ha tutte le carte in regola per essere terreno fertile da reboot. Certo, di reboot negli anni passati ce ne sono stati, ma onestamente erano tutti più che dimenticabili. 90210, parliamo anche di te.
Badate bene, un reboot è cosa diversa dal trarre ispirazione da un altro medium, come un libro o un film. No, signore e signori, il reboot è la televisione che si autofagocita e si risputa, che si guarda allo specchio e si illude di poter essere giovane e migliore, ma nasconde il Dorian Grey decrepito in soffitta.
Potenzialmente, però, ha un potere commerciale incredibile. Il reboot è, in effetti, un parassita attirato dalla nostalgia degli spettatori di un tempo e dalla voglia di serie nuove di quelli più giovani, che mai si accosterebbero a un prodotto antecedente ai Duemila, per quanto bellissimo. Perché? Perché non è disponibile in streaming, ovviamente. Se non sei su Netflix, non esisti.
Ed è proprio Netflix e gli altri colossi di streaming che il reboot cerca di combattere. Molte delle serie “figlie” finiranno, infatti, sui network americani che stanno perdendo terreno contro gli originali prodotti dai provider di cui sopra.
Un dato? Netflix ha portato a casa ben 112 nomination ai prossimi Emmy (GLOW, The Crown, Black Mirror per citarne alcune), superando ogni altra casa di produzione. E questo senza contare le nomination ottenute dalle serie Amazon Prime (The Marvelous Mrs. Maisel) e Hulu (The Handmaid’s Tale).

Streghe

Il cast del reboot di “Streghe”, che andrà in onda questo autunno su CW.

Tra un Roswell, uno Streghe, un Magnum PI e un Miami Vice, alcune serie nuove realmente meritevoli rischiano di passare sotto silenzio perché non godono dello stesso favore del pubblico nostalgico. Peggio ancora, rischiano di non arrivare affatto alla distribuzione poiché puntare su una serie nuova implica un rischio commerciale più elevato del cavalcare l’onda di una serie datata.
Un aspetto positivo in tutto questa minestra riscaldata c’è, sebbene abbia il sapore di una vittoria a metà.
Riscrivendo la storia, i reboot riscrivono anche quelle decisioni di casting che hanno reso le vecchie serie popolate in gran parte di uomini bianchi ed eterosessuali.
Allora, ecco che Magnum PI sceglie Perdita Weeks nel ruolo di Higgins, originariamente un personaggio maschile. Ancora, in Roswell, così com’era stato nella serie di libri da cui fu tratta la prima serie, Liz (Jeanine Mason) è di origine ispanica. Infine, nel dibattutissimo reboot di Streghe, le tre sorelle sono di origini diverse e una di loro è un’attivista lesbica.
Se da un lato è splendido vedere allargata la rappresentazione sullo schermo a quei gruppi sociali da sempre trascurati, dall’altro, un azzardo: non sarebbe meglio dare loro una voce e un corpo in serie nuove e non nell’eredità rimasticata della TV che fu?

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