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Approdato su Netflix, il film per la regia di Johnson ha immediatamente spopolato mettendo in ombra altre produzioni dello stesso genere (forse) più meritevoli.

di Stefania Sarrubba

Una scena di Tutte le volte che ho scritto ti amo

Una scena di Tutte le volte che ho scritto ti amo

Circondato da un alone di riverenza che ne ha anticipato l’uscita, “Tutte le volte che ho scritto ti amo” diretto da Susan Johnson è tratto dall’omonimo romanzo del 2014.
Il libro, scritto da Jenny Han, ha sostato per ben 40 settimane nella classifica dei best seller del New York Times, creando una grande aspettativa nei confronti della pellicola, il cui titolo originale è To All The Boys I’ve Loved Before.
Purtroppo, non basta l’attrice Lana Condor, che interpreta Lara Jean Covey e ne mantiene la provenienza etnica contro ogni possibile whitewashing, a renderlo un film memorabile. Lara Jean è asiatica nel libro e tale resta nel film, con una scelta di casting non banale, ma può questo essere motivo per gridare al miracolo?
Non basta neppure il piacevole ritorno di John Corbett, l’Aidan di Sex And The City, nel ruolo del padre di Lara Jean.
Non bastano gli outfit perfetti della protagonista, non basta il suo timido romanticismo senza speranza (a sedici anni!) che la spinge a scrivere lettere d’amore a coloro i quali non si dichiarerà mai.
Non basta la sorellina Katherine (bravissima Anna Cathcart) che quelle lettere le spedisce ai rispettivi destinatari, scatenando il disastro. Nulla di tutto ciò è sufficiente a giustificare l’immotivato hype per il film.
Per carità, Tutte le volte che ho scritto ti amo è un filmetto (prodotto da Will Smith) piacevole, una visione da domenica pomeriggio quando è estate, i tuoi amici sono in vacanza e fuori piove.
Ha due o tre sprazzi validi, come la conversazione scaturita dal sex tape di Lara Jean e Peter su quanto sia difficile per le ragazze, più che per i ragazzi, scrollarsi di dosso una certa reputazione.
Ovviamente, l’onore di Lara Jean viene salvato dall’intervento di Peter, trovata che fa un po’ storcere il naso.
Così come quando Lara Jean si inorgoglisce tutta quando Peter le dice che la sua ex è “bellissima, ma lei ha molto più stile”. Come a dire, “hey, sono esclusivamente due le cose che possono piacermi in una ragazza: aspetto fisico e vestiario”. Sveglia, Lara Jean!
E poi, quanto è assolutamente insopportabile che questa ragazza venga chiamata costantemente con i suoi due nomi per tutto il film? In quali conversazioni reali si ripete così spesso il nome dell’interlocutore?
Tra gli altri spunti interessanti, c’è, però, l’idea della relazione tra due persone come di un contratto. Perché, razionalmente, è di quello che si tratta.
Ciononostante, il film non va oltre una sufficienza stentata, a voler essere la professoressa del liceo troppo buona per mettere un bel 5 quando si avvicina la fine della scuola.
Non abbiamo nulla contro i teen movie. Anzi, noi adoriamo i teen movie. L’età anagrafica poco o nulla conta nell’approcciarsi a un film sugli adolescenti. Al contrario, è forse chi quell’età l’ha passata relativamente da poco che può apprezzare nostalgicamente per poi analizzare lucidamente.
E To All The Boys I’ve Loved Before semplicemente non convince. Ecco quali teen movie guardare senza provare la fastidiosa sensazione di aver sprecato 99 minuti della propria esistenza.

Emma Stone in "Easy A"

Emma Stone in “Easy A”

1) Easy A
 La commedia del 2010, diretta da Will Gluck, ha un approccio originale alla questione relativa a reputazione, bullismo e sesso.
La liceale Olive Penderghast (Emma Stone, praticamente perfetta sotto ogni aspetto) finge di aver perso la verginità con un ragazzo del college per stravolgere la sua vita monotona.
Il (finto) pettegolezzo passa di bocca in bocca, fino a diventare di dominio pubblico a scuola, dove a Olive viene figurativamente affibbiata la lettera scarlatta di hawthorniana memoria.
Laddove un’altra si sarebbe disperata, Olive rigira le cose a suo favore creandosi il personaggio di una facile, “easy”, appunto, fino all’inevitabile punto di rottura.

2) Noi siamo infinito
Per quanto ci faccia ribrezzo utilizzare il titolo italiano del film del 2012 (perché ripreso poi da Alessio Bernabei in una sua discutibile canzone), Noi Siamo Infinito è così bello che nemmeno l’ex Dear Jack può rovinarlo.
Tratto dal romanzo del 1999 di Stephen Chbosky, il film vede lo stesso autore alla sceneggiatura e alla regia, con la produzione, tra gli altri, di John Malkovich.
Nel 1992, Charlie (Logan Lerman) inizia il liceo poco dopo il suicidio del suo migliore amico, a cui scrive delle lettere su consiglio dello psichiatra.
Il ragazzo esce dalla sua completa solitudine grazie a Sam (Emma Watson, a cui si perdona anche l’incapacità di cancellare l’accento britannico) e Patrick (Ezra Miller), due fratellastri che lo aiuteranno a processare un antico trauma.
Colonna sonora bellissima e scena del tunnel, con Heroes di David Bowie in sottofondo, entrata per sempre nell’immaginario collettivo.

3) Mean Girls
Inchinatevi a sua maestà Tina Fey, sceneggiatrice di questo piccolo cult del 2004, destinato a diventare un musical di Broadway e a regalare al mondo citazioni memorabili, nonché perle di saggezza da tenere a mente.
Dopo 12 anni passati in Africa coi genitori zoologi, Cady Heron (Lindsay Lohan) ritorna a Chicago per frequentare il liceo. Imparerà, suo malgrado, che, in quanto a insidie nascoste, la scuola superiore può essere la giungla peggiore.

Una scena di 17 anni (e come uscirne vivi)

Una scena di 17 anni (e come uscirne vivi)

4) 17 anni (e come uscirne vivi)
Col titolo originale di The Edge of Seventeen, il film di Kelly Fremon Craig ha come protagonista Nadine (credibilissima Hailee Steinfeld).
La protagonista si ritrova ancora più sola quando la sua unica amica comincia a frequentare suo fratello maggiore, incrinando il già precario equilibrio domestico, mai veramente ristabilitosi dalla morte del padre dei due ragazzi.
Nadine dovrà fare i conti con il suo egoismo e la sua testardaggine, aiutata da un sarcastico professore e da un nuovo, inaspettato amico.

5) Le dieci cose che odio di te
Anche qui riferimenti letterari, a mastro Shakespeare stavolta.
Ispirato a La Bisbetica Domata del bardo, il film del 1999 mette insieme, loro malgrado, la scorbutica Kat Stratford (Julia Stiles) e il bello e dannato Patrick Verona (l’indimenticato Heath Ledger).
Si tratta, però, di un piano architettato da Bianca (Larisa Oleynik), sorella minore di Kat, che spera così che il severo padre le permetta di uscire da sola. La regola del signor Stratford, infatti, è che Bianca potrà uscire la sera solo quando anche Kat deciderà di farlo.
Bianca viene aiutata nell’impresa da Cameron (un giovanissimo Joseph Gordon-Levitt), infatuato della ragazza.
La poesia che dà il titolo al film e che Kat dedica a Patrick resta ancora oggi tra le più oneste dichiarazioni d’amore a denti stretti di sempre. Meglio di mille lettere, spedite e non.

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