“Corduroy” e la ricerca della perfezione: Francesco Mucci al Napoli Film Festival [INTERVISTA]
Figlio d’arte, pieno di interessi e voglia di esprimersi, il giovane regista lunedì 24 settembre presenterà in prima assoluta il suo primo corto con Nunzia Schiano protagonista.
di Gabriella Galbiati
Regista, sceneggiatore e musicista, Francesco Mucci ha sempre vissuto nel mondo dell’Arte, sia per i suoi interessi personali sia perché figlio di due attori teatrali e cinematografici di grande esperienza, quali Nunzia Schiano e Niko Mucci. Cresciuto in un ambiente stimolante fatto di grandi artisti e protagonisti dello spettacolo nazionale e non, Francesco ha intrapreso un percorso di studi che lo ha portato alla laurea all’Università di Salerno in Discipline delle Arti visive, della Musica e dello Spettacolo, specializzandosi poi in Scienze dello Spettacolo e della produzione multimediale.
Dopo il Diploma alla Scuola italiana di Comix a Napoli in Sceneggiatura e in Storytelling, ha lavorato come stagista in varie edizioni del Napoli Comicon, del Napoli Film Festival e negli ultimi anni ha partecipato a diversi festival cinematografici come giurato, in particolare al Festival del Cinema di Venezia nel 2016 e al Giffoni Film Festival nel 2014 e 2015.
Al Napoli Film Festival il prossimo 24 settembre, alle ore 17 al Teatro Delle Palme, presenterà Corduroy, il suo primo corto, realizzato grazie al contributo del bando di NuovoImaie per i prodotti audiovisivi e che vede nel ruolo di protagonista Nunzia Schiano, con Maria Bolignano, Lello Serao e Raffaele Ausiello.
Essere figlio d’arte quanto ha influito sulla tua formazione e scelta professionale?
Ha influito nella misura in cui difficilmente avrei metabolizzato una professione di diversa natura. La grande lezione del Teatro vissuta passo passo con la mia famiglia (allargata in certi casi) è stata proprio questa grande Passione messa sempre a servizio della Fatica, napoletanamente intesa. Non conosco altro lavoro se non quello della creatività costantemente in lotta con il rigore e la tecnica.
I tuoi genitori ti hanno incoraggiato e supportato?
Supportato sicuramente e posso dire con orgoglio che non mi è mai mancato nulla nonostante la natura precaria della loro occupazione. Direi che più che incoraggiato mi hanno sempre responsabilizzato verso ciò che sceglievo di fare, una “strategia” che mi ha reso estremamente consapevole delle mie capacità così come dei miei limiti. Insomma, sono venuto su bene, dai…
Vuoi raccontarci del tuo progetto Il Grigio?
Il Grigio è nato come una pagina Facebook e come uno sprone a scrivere di più, a esprimere le mie considerazioni sull’audiovisivo, e un modo per dare sfogo alla forma mentis da tesi di laurea da cui uscivo in quel periodo (febbraio 2017). Si è poi trasformato in un qualcosa di più con l’apertura del sito, diventando un vero e proprio contenitore della mia creatività. Sono un ghiotto lettore di saggi e biografie artistiche, quindi sono assolutamente affascinato dal dietro le quinte (essendoci stato a lungo nella mia vita), e Il Grigio mi permette di avere un luogo in cui ragionare sull’universo che più mi affascina. In più oltre a darmi tante soddisfazioni, m’ha fatto scoprire una piccola passione per la scrittura di racconti (forma che adoro come fruitore). Hai visto mai…
I tuoi interessi spaziano dalla musica ai fumetti, dal cinema al racconto. Con quali di essi, riesci ad esprimere completamente te stesso? E per te come si legano tra loro?
È curioso, poiché si tratta del tema della mia tesi triennale. Credo che provenga tutto dalla tradizione orale, dai racconti di origine ancestrale, magari davanti al fuoco. Chiaramente oggigiorno ruota tutto intorno alla scrittura che è poi “la” storia, quindi la matrice è la stessa, cambia solo il modo in cui vengono raccontate queste storie. Allo stesso modo di come certi concetti variano a seconda della lingua.
Ho dribblato con agilità la prima domanda, perché se lo sapessi mi sarei deciso una buona volta a seguire quell’unica strada.
Al Napoli Film Festival, si presenterà “Corduroy”, il primo cortometraggio di cui firmi la regia. Come nato questo progetto?
È nato dall’immagine del finale, che pur non svelando vi spiegherò in breve. La cuoca protagonista della storia, sfida il suo pubblico attraverso un occhio famelico e indagatore, rappresentato dall’obiettivo di un cellulare. La fame di fama (pessimo gioco di parole) come reagirebbe se l’artista concedesse ai propri spettatori/fruitori esattamente ciò che vogliono? Il più classico dei “be careful what you wish for”. In sostanza è un chiedersi cosa significa effettivamente concedersi al pubblico, cosa significa essere un artista.
E se proprio devo dire la verità, non vedevo l’ora di mostrare al mondo Nunzia Schiano in un ruolo diverso dal solito.
Come hai scelto gli attori da coinvolgere nel corto?
Per quanto riguarda la protagonista, il personaggio è stato proprio scritto su Nunzia Schiano, e direi anche in parte scritto con e da. Avere in casa un’attrice di questo livello è impareggiabile per tutto quello che può insegnarti. Con Maria Bolignano collaboro ormai da qualche tempo e avevo voglia di coinvolgerla in questa pazzia. Lello Serao è stato ed è un secondo papà e Raffaele Ausiello un fratello maggiore. Insomma, per me questo lavoro non è pensabile senza vivere una situazione simile a una famiglia. Di certo aiuta se puoi scegliere tra attori di questa caratura!
Marta Perna, la protagonista del corto, cosa rappresenta per te?
Marta è la costante ricerca di una perfezione inesistente, di un rigore che mortifica l’essere umano più che l’artista. Ovviamente rappresenta la parte più folle di chi si ritiene un artista e che inevitabilmente o accetti o può solo farti del male.
Che reazioni ti aspetti dal pubblico che vedrà “Corduroy”?
Mi aspetto che ne vogliano ancora, che chiedano un’altra fetta.