“Fronte del porto”, una storia di coraggio
Alessandro Gassmann dirige la nuova produzione targata Teatro Bellini di Napoli e partendo dall’omonimo libro di Schulberg, trasferisce nella Napoli di 40 anni fa la vita degli operai vittime della criminalità e di colui che per primo è riuscito ad alzare la testa.
di Ileana Bonadies
I valori assoluti della legalità, della giustizia e della libertà, contro ogni forma di vessazione, declinati attraverso una storia che – nata dalle pagine di un libro a firma di Budd Schulberg, per poi diventare pluripremiato film con Marlon Brando diretto da Elia Kazan – torna a calcare le tavole di un palcoscenico, dopo l’adattamento inglese di Steven Berkoff, per volontà di una squadra tutta italiana.
Motore del lavoro coprodotto dalla Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e il Teatro Stabile di Catania, Alessandro Gassmann che di “Fronte del porto” – in scena a via Conte di Ruvo fino al 25 novembre – cura la regia e le bellissime scene, affidando nuovamente a Daniele Russo – così come accaduto in Qualcuno volò sul nido del cuculo – il ruolo non facile del protagonista, simbolo di una presa di coscienza che lo porterà ad essere da complice della malavita a esempio di riscatto.
Ex pugile bastonato dalla vita in un eterno scontro sul ring, Francesco Gargiulo sarà la causa inconsapevole della morte di un suo collega del porto, chiusosi in casa per sfuggire al clan criminale che ne vorrebbe la morte per essersi ribellato alle sue imposizioni, e da quel momento inizierà la sua personale evoluzione, sempre più cosciente, diventando da complice degli aguzzini più per noia che per scelta, a coraggioso ribelle.
A condizionarne in questa direzione il percorso due figure cruciali: la sorella della vittima, anche unica donna della vicenda, a cui Francesca De Nicolais è chiamata a restituire il ruolo doloroso di colei che traghetterà Francesco dalla delinquenza all’onestà con la sola forza dell’amore e della pietas; e don Bartolomeo, interpretato da Orlando Cinque, qui nelle vesti di un prete – come ne esistono tanti – che si fa carico di una battaglia per i diritti dei lavoratori, non restando nel chiuso della sua chiesa, ma mischiandosi tra coloro che hanno scelto di uscire allo scoperto, di denunciare, di opporre resistenza e che per questo non devono essere lasciati soli.
Sullo sfondo, una Napoli – l’assoluta novità di questa riscrittura e traduzione opera di Enrico Ianniello – che col suo golfo, il suo porto e la sua storia si fa naturale scena degli accadimenti che con crescente phatos si susseguono, divisi in fotogrammi come in una pellicola cinematografica ed enfatizzati dalle musiche di Pivio e Aldo De Scalzi, mentre la scenografia si modifica di volta in volta “in diretta”, trasformata dagli stessi attori in un armonico gioco di scatole che si chiudono e aprono su se stesse creando ambientazioni sempre diverse.
Ma non è solo la città a mutare nello spettacolo di Gassmann rispetto al testo originale: anche il tempo segue altre lancette e dagli anni ’50 sbalza in avanti fino agli anni ’80, evidenti nei costumi (di Mariano Tufano) e nei riferimenti storici – come nel caso del citato Patrizio Oliva, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Mosca –, a voler conferire ulteriore verosimiglianza e appartenenza a storie già di per sé attuali, ma che calate in una dimensione più vicina ancora riescono a farsi megafoni, non urlati, di denuncia. Assecondando quella che, del resto, è da sempre la natura del Teatro e che Gassmann non a caso traduce nella «volontà di ricostruire mondi credibili, pensando ad ogni tipo di pubblico, nella convinzione che, ora come non mai, il teatro debba essere arte popolare, di difficile esecuzione, mai di semplice fruizione».
A dare senso ai dialoghi, al messaggio in esso contenuti, al valore esemplare dell’azione di colui che – inizialmente solo – diventa poi portavoce e rappresentante di una nuova consapevolezza, un cast attoriale che in Russo trova il suo iceberg per il lavoro puntuale sul personaggio, condotto a sottrarre per renderlo quanto più dimesso, demotivato, debole, umano con tutti i suoi limiti, e in Antimo Casertano, Sergio Del Prete, Vincenzo Esposito, Daniele Marino, Biagio Musella, Edoardo Sorgente, Pierluigi Tortora e Bruno Tràmice, oltre ai già citati Cinque e De Nicolais, la sua coerente diramazione e interfaccia, da cui emerge a mo’ di contraltare del bene, con il suo nervoso e controllato gesticolare in grado di rappresentarne da solo la personalità, uno straordinario Ernesto Lama nel ruolo del capoclan.
Ancora una volta, dunque, corale si fa il nuovo progetto del Bellini e ancora una volta incentrato sugli “imperfetti” – come li definisce lo stesso regista – si fa il punto di vista attraverso cui snodare il racconto, arricchito da una videografia d’impatto che ha il solo difetto di aumentare le distanze tra palco e platea a causa del velo posizionato sul proscenio per consentire la proiezioni delle immagini.
In un connubio di letteratura, cinema e teatro che se ben dosato, come in questo caso, avvince e coinvolge in un crescendo emozionale che resta appiccicato addosso anche dopo i titoli di coda mentre i meritati applausi si impastano coi pensieri e la propria coscienza.
Teatro Bellini
via Conte di Ruvo 14 – Napoli
contatti: http://www.teatrobellini.it/
Prezzi: da €14 a €32 – 15€ Under29 tutti i giorni della settimana
Orari: feriali ore 21:00, domenica ore 18:00 – mercoledì 7/11 ore 17:30 – giovedì 15/11, giovedì 22/11 e sabato 24/11 ore 19:00 – sabato 17/11 ore 17:30 – lunedì riposo