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Con ArciMovie il linguaggio cinematografico diventa strumento per il riscatto di una periferia e lente di ingrandimento sui grandi temi di impatto sociale che da Napoli chiamano l’Italia e il mondo.

di Gabriella Galbiati

Roberto D'avascio

Roberto D’avascio

Cineforum, progetti rivolti al sociale, incontri con i giovani nelle scuole: questo è l’impegno costante dell’Associazione Arci Movie a Napoli e non solo. Noi di QuartaParete abbiamo incontrato il suo presidente Roberto D’Avascio per parlare delle attività passate e quelle in corso, il cui agire militante negli anni ha fatto sì che  da Ponticelli prendessero il volo attività dal respiro internazionale. Tra le iniziative a cura dell’Associazione,  “Astradoc-Viaggio nel cinema del reale“, la rassegna nata nel 2009 e dedicata espressamente ai documentari d’autore e di creazione. Il suo inizio coincide con la riapertura dell’Academy Astra, il cinema sito a via Mezzocannone che per anni è rimasto chiuso e abbandonato.
Il vostro storico cineforum di Ponticelli quest’anno giunge alla sua ventinovesima edizione, segno di una vera resistenza territoriale e culturale. Ci parla del senso di questa edizione?
«Il Cineforum Arci Movie riparte forte di una lunga tradizione alle spalle, ma con gli occhi aperti sul presente. Immaginiamo un Cineforum militante, che sappia fare politica con la bellezza delle immagini su uno schermo, che prenda posizione in una società pronta a sbandare».
Il programma di “Astradoc-Viaggio nel cinema del reale”, altra vostra iniziativa questa volta ospitata a Napoli, propone sempre film documentari di spessore spesso accompagnati dagli autori. Come riuscite a creare questo?
«Il merito è del curatore della rassegna Antonio Borrelli che riesce ad attivare sinergie che funzionano, penso a quella con l’Università Federico II, con Conoir, con Parallelo 41, con UCCA, e che ci hanno permesso di arrivare alla decima edizione con ottimi risultati».

Un momento di "Astradoc"

Un momento di “Astradoc”

Il vostro è un lavoro mirato soprattutto ai giovani, ma come si articolano le attività di Arci Movie?
«Sì, puntiamo ai giovani cercando di coinvolgerli in progetti che facciamo nelle scuole, penso ai tanti laboratori sul cinema, sulle tecniche legate al video, ma anche alle rassegne agli incontri con autori ed artisti. La vicinanza al nostro modo di fare cultura mostrata da intellettuali ed artisti ci incentiva ad andare avanti su questa strada».
Di recente avete curato la sezione napoletana di festival prestigiosi come quello di Charleston e di Cardiff, come sono andate le cose?
«A Charleston abbiamo fatto un’esperienza di contaminazione artistica di notevole spessore e rilievo; abbiamo preso parte con i Foja, con Lello Esposito a lezioni, incontri organizzati con studenti, giornalisti e sono venuti fuori importanti elementi che danno l’idea di quanto la cultura napoletana sia rispettata e sentita all’estero. A Cardiff ci andremo nei prossimi giorni e mi auguro di ottenere gli stessi risultati».
Quanto è difficile lavorare nelle periferie?
«Tanto, forse in misura maggiore perché il nostro è un discorso culturale e non basato su prodotti commerciali, ma cerchiamo la qualità in produzioni poco conosciute e difficilmente con nomi altisonanti e conosciuti. Ma è la mission in cui crediamo e quindi va bene così».

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