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Prospettive distorte e opulenza nel gioco di seduzione saffica tra Olivia Colman, Rachel Weisz ed Emma Stone, protagoniste del nuovo film di Yorgos Lanthimos in uscita in Italia il prossimo 24 gennaio.

di Stefania Sarrubba

Una scena del film

Una scena del film

Il regista greco Yorgos Lanthimos ritorna con un dramma da camera che racconta degli intrighi al tempo della regina Anna.
Chiunque abbia amato The Lobster dello stesso autore saprà che The Favourite non è il solito period dramaThe Favourite è, infatti, divertente, spietato e strizza l’occhio agli amanti dell’aragosta con un perfetto Easter egg. Un film, quello, più cupo laddove The Favourite appare scintillante e caricaturale, a cominciare dall’aspetto e dai modi della regina Anna, interpretata con maestria da Olivia Colman di Broadchurch.
Anna fu una sovrana dalla salute cagionevole, al trono per appena una decina d’anni all’inizio del diciottesimo secolo, forse troppo pochi perché gli stessi inglesi se ne ricordino.
Il film calca anti-storicamente la mano sul gossip di corte che voleva Anna innamorata dell’amica di sempre e consigliera Sarah Churchill, duchessa di Marlborough. Idillio lesbo interrottosi poi all’arrivo di Abigail, cugina di Sarah, che si farà strada a corte e nel letto della stessa Anna a suon di bugie e complimenti forzati.
Lanthimos affida i ruoli a tre attrici che insieme tirano le fila di un film grottesco, sbavato e kitsch come il make up da tasso della regina eppure perfetto. Un valzer a tre tanto sensuale quanto volutamente scoordinato, con le attrici a guidarlo.
Se anche la scena fosse vuota, la regina Colman, la duchessa Rachel Weisz e l’arrampicatrice sociale Emma Stone sarebbero in grado di non perdere un colpo coi dialoghi dei co-sceneggiatori Deborah Davis e Tony McNamara.

Una scena del film

Una scena del film

La protagonista di La La Land Stone, in particolare, toglie l’abito da ragazza della porta accanto cucitole maldestramente addosso per vestire i panni di un personaggio moderno che sa cosa vuole e come ottenerlo. Spiacevole, certo, ma anche incredibilmente reale e post-femminista quando, all’ingesso di Masham, che la vorrebbe in moglie, chiede “Siete venuto qui per stuprarmi o sedurmi?” e, alla risposta di lui “Sono un gentiluomo”, replica con un laconico “Stupro, quindi,” abbandonadosi sul letto.
Accanto al lavoro superbo delle attrici, la regia di Lanthimos e la fotografia di Robbie Ryan sovraccaricano, deformano e sconvolgono all’interno di un ambiente fortemente istituzionalizzato e saturo nei colori e negli spazi.
L’utilizzo di fisheye e grandangoli forza  le prospettive e sottolinea le brutture di un ambiente altrimenti in apparenza esteticamente gradevole. La stessa angoscia riverbera nella musica da camera, colonna sonora che ripete la stessa nota a intervalli regolari, giocando con i nervi del pubblico.
Allo stesso modo, la pellicola punta una lente di ingrandimento sulla bruttezza umana. Significativo che le attrici recitino sovvertendo le convenzioni dei dramma storici che vorrebbero un’attenzione maniacale per l’aspetto esteriore.
Libere dalla prigionia del male gaze, sono libere di essere scorrette, cattive, perfino – il crimine peggiore a Hollywood – brutte! Che bello.

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