“Nerium Park”, il buio oltre gli oleandri
Dopo il debutto nazionale a Firenze, arriva al Teatro Nuovo di Napoli il testo del catalano Josep Maria Mirò, per la regia di Mario Gelardi che firma la prima produzione autonoma del Nuovo Teatro Sanità.
di Ileana Bonadies
Una coppia e il suo lento sgretolarsi mentre apparentemente il mondo esterno resta fuori: “Nerium Park” di Josep Maria Mirò parte da qui per raccontare uno spaccato di società contemporaneo e nello stile che contraddistingue l’autore catalano, tradotto e rappresentato in più di 30 paesi, pur restando nel chiuso di un appartamento, all’interno di un menage asfittico, racconta una dimensione che non ha bisogno di una identificazione precisa di tempo e luogo per farsi riconoscibile ai più.
Come infatti scrive Xavier Alberti – direttore artistico del Teatro Nazionale di Catalogna – Mirò è testimone con le sue drammaturgie di un malessere della società che “relativizza i nostri valori consolidati come comunità” rendendo obbligatorio un “rinnovamento profondo” che dovrebbe estendersi forse anche alle più elementari condizioni di sopravvivenza, al fine di “stipulare nuovi patti di convivenza”.
E proprio il malessere di cui si fa portavoce l’autore è, in un lavoro come quello che ieri ha debuttato al Teatro Nuovo di Napoli, dove resterà in scena fino a domenica 10 marzo per la regia di Mario Gelardi e la traduzione di Angelo Savelli, indagato e attraversato zoomando su un uomo e donna, Bruno e Marta – interpretati con grande naturalezza e credibilità dai bravi Alessandro Palladino e Chiara Baffi –, sulla loro nuova casa acquistata accendendo un mutuo, su lavoro che conducono e che lui improvvisamente perderà, sui desideri che hanno, da quello più banale di un elettrodomestico a quello, poi realizzato, di concepire un figlio. Dunque, procedendo dal particolare al generale, affinché nessuna delle paure legate alla precarietà familiare, lavorativa, relazionale resti astratta e sfuggevole ma trovi riscontro immediato in persone/personaggi reali. Nelle cui crepe esistenziali ciascuno può ritrovarsi e ritrovare i tormenti del mondo attuale.
Da qui la forza di un testo che, suddiviso in 12 quadri come i 12 mesi lungo i quali la storia si evolverà, e magistralmente diretto da Gelardi, molto a suo agio nel mettere in scena testi europei di cui riesce a tradurre con tratti decisi lo spirito riproponendone le esatte atmosfere con iconografiche scelte di regia, fa del ritmo e dell’essenzialità, insieme a una struttura dialogica perfettamente costruita per crescere, ad ogni battuta, di dettagli e tensione, il suo motore. In nome di una escalation emotiva (a cui corrisponde un abbrutimento dei luoghi che si deteriorano trasformando un residence di lusso in uno spettro abitativo in cui la natura prende minacciosa il sopravvento) che non coinvolge solo i personaggi, ma anche gli spettatori, ignari come i protagonisti di quello che di volta in volta accade, e arbitri ultimi del significato che l’uno o l’altro indizio può assumere ai fine della comprensione dell’azione tutta.
Un’azione che, supportata da una scenografia scarna, composta di pochi elementi simbolo del vuoto che aleggia e che si farà sempre più evidente (opera di Michele Lubrano Lavadera), bilanciata da un incisivo disegno luci (a cura di Alessandro Messina) e da una colonna sonora firmata da Tommy Grieco che funge da perfetta narrazione in note degli stati d’animo e del clima esistente, resta avvolta nel mistero fino alla fine; in cui ciò che appare non corrisponde a quello che realmente è, e le paure così come i sospetti attanagliano i due protagonisti senza tregua, trasformando l’iniziale comfort in una crescente minaccia che progressivamente mina il rapporto di coppia, la complicità e le certezze sui cui si fondava, fino all’estremo epilogo.
Che si consuma in un assolo dai richiami ruccelliani, dove tutto è solamente evocato, e solitudine e fragilità si toccano con mano attraverso la sola parola e l’unico attore rimasto in scena, senza che ancora una volta si abbia certezza di ciò che si sta consumando dinanzi ai nostri occhi. Del come è accaduto e del perché.
Ancora una volta lasciando che sia il pubblico a decidere, oltre il non visto e il non detto.
Teatro Nuovo di Napoli
via Montecalvario 16 – Napoli
Inizio spettacoli ore 21.00 (mercoledì, giovedì), ore 18.30 (venerdì e domenica), ore 19.00 (sabato)
Info e prenotazioni: 0814976267 – botteghino@teatronuovonapoli.it