Vico e Leopardi in mostra a Napoli
Questo pomeriggio a Palazzo Reale l’inaugurazione della mostra “Il corpo dell’idea” incentrata sul dialogo tra i due maggiori esponenti del pensiero moderno europeo. Ad ingresso gratuito, sarà visitabile fino al 21 luglio.
di Ileana Bonadies
Una esposizione dall’impianto teatrale, ma anche un percorso antropologico che dal mito delle origini arriva al farsi del linguaggio e alla costruzione delle civiltà: sarà questo “Il corpo dell’idea” che da questo pomeriggio alle 16 aprirà le sue porte all’interno del Palazzo reale di Napoli dopo due anni di estenuante lavoro.
Frutto della collaborazione tra diversi soggetti istituzionali ed enti di ricerca, l’evento – eccezionale per la mole bibliografica, documentaria e multimediale di cui si compone – resterà visitabile fino al 21 luglio.
Per comprenderne a fondo la struttura e le finalità, a poche ore dal vernissage, abbiamo intervistato uno dei suoi curatori, Armando Mascolo, ricercatore presso l’Istituto per la storia del pensiero filosofico e scientifico moderno del CNR di Napoli, e componente del gruppo di ricerca, coordinato da Fabiana Cacciapuoti, che ha ideato la mostra.
Come nasce l’idea della mostra e su cosa è incentrata?
Il progetto, nella sua fase germinale, nasce qualche anno fa, in virtù di un protocollo d’intesa e di collaborazione culturale stipulato esattamente il 26 giugno del 2013 tra il Centro nazionale di studi leopardiani (CNSL) di Recanati e l’Istituto per la storia del pensiero filosofico e scientifico moderno (ISPF) del CNR di Napoli. L’accordo è sorto col preciso intento di studiare e approfondire le relazioni esistenti tra il pensiero di Giambattista Vico e quello di Giacomo Leopardi, sia in ambito filosofico che letterario. La ricerca, coordinata da Fabiana Cacciapuoti (CNSL) e Manuela Sanna (Direttore dell’ISPF), si è concentrata principalmente sulle due opere maggiori dei due autori, vale a dire la Scienza Nuova e lo Zibaldone, con l’idea di individuare una serie di temi e di concetti che potessero trovare una comune formulazione sia nell’opera di Vico che in quella di Leopardi. Sono stati così individuati alcuni nuclei concettuali comuni ai due autori come quelli inerenti alle forme della conoscenza (sapienza poetica, favola, mito), all’immaginazione, al nesso barbarie-civiltà, al linguaggio.
Il progetto di ricerca ha già prodotto alcuni significativi risultati e si è fatto promotore di una serie di seminari e di giornate di studio con la relativa pubblicazione degli Atti.
L’ideazione della mostra, dunque, trae origine proprio da tale progetto e si inserisce nel solco di due importanti ricorrenze con l’obiettivo di celebrarle: il 350° anniversario della nascita di Giambattista Vico – già celebrato durante tutto il corso del 2018 con una numerosa serie di eventi promossi soprattutto dall’ISPF –, e il bicentenario dell’Infinito di Leopardi, la cui prima versione risale al 1819. Si è così costituita una équipe di lavoro magistralmente coordinata da Fabiana Cacciapuoti, curatrice della mostra e insigne leopardista. Oltre al sottoscritto, mi preme ricordare gli altri studiosi che hanno fatto parte del gruppo di ricerca impegnato nella realizzazione della mostra: Alessia Scognamiglio, mia collega dell’ISPF, Vincenzo Boni, Mariagabriella Mansi e Mariolina Rascaglia della Biblioteca Nazionale di Napoli, Roberto Lauro e Antonio Panico, due giovani e valenti studiosi di Leopardi.
La mostra, in particolare, è incentrata sul dialogo tra Vico e Leopardi, ricostruito a partire da un attento lavoro sui loro testi e principalmente attraverso l’incontro delle due loro opere fondamentali, ovvero La Scienza Nuova e lo Zibaldone di pensieri, di cui si espongono gli autografi. Un lavoro enorme è stato realizzato studiando le fonti comuni ai due autori, quelle che potremmo definire come le “biblioteche” di Vico e Leopardi, rappresentate in mostra dall’esposizione di volumi rari compresi tra il ’500 e il ’700. Quello delle fonti ci è parso un punto di fondamentale importanza, soprattutto in una prospettiva storica e filologica, dal momento che molte delle convergenze tra le rispettive posizioni teoriche di Vico e Leopardi possono trovare spiegazione proprio nella comunanza delle fonti.
In estrema sintesi, la mostra vuole essere – come si legge nelle note di presentazione – “un itinerario antropologico che dal mito delle origini, passando attraverso l’elaborazione poetica dei primi canti arcaici e quella omerica, perviene al farsi del linguaggio e alla costruzione delle civiltà, il cui eccesso per entrambi gli autori, inteso quale eccesso di ragione, conduce infine alla barbarie, alla decadenza e alla corruzione. Temi che Vico e Leopardi affrontano in maniera diversa, storico-provvidenzialistica il primo, radicale il secondo. L’esperienza conclusiva del percorso vuol significare il messaggio leopardiano, esistenziale e umano, affidato alla Ginestra”.
In cosa possiamo riscontrare, nel concreto, il valore contemporaneo delle idee di Vico e Leopardi?
In un’epoca come quella attuale, attraversata da sempre più nuove e articolate dinamiche politiche, sociali e culturali che richiedono di ripensare le tradizionali categorie filosofiche in un contesto di mutata complessità, ritornare a Vico e Leopardi non si riduce ad un mero e sterile esercizio intellettuale e storiografico. Il loro pensiero, infatti, si presenta notevolmente ricco di suggestioni e spunti di riflessione, incentrato com’è sull’importanza assegnata al ruolo di facoltà quali l’immaginazione, la memoria, la fantasia e alla rivalutazione della funzione del mito e della poesia nella costruzione e definizione dell’umano. Si profila così, attraverso l’opera di questi due grandi pensatori, una nuova “visione” del sapere e della pratica culturale fondata su un eguale apporto proveniente dalle differenti facoltà e discipline umane che si rivela ancor oggi capace di parlare in maniera sorprendente alla sensibilità contemporanea, dischiudendo nuovi orizzonti di comprensione in grado d’incontrare le diverse emergenze che la molteplicità del reale ci pone di fronte.
Affinché tutto questo sia possibile, però, bisogna immergere il pensiero di Vico e Leopardi nel dinamismo della vita umana e renderlo produttivo per la propria “circostanza”, come direbbe Ortega y Gasset, trasformandolo così in un fertile terreno concettuale in grado di far germogliare ancor oggi, in maniera sorprendente, nuovi orizzonti di comprensione.
C’è un solo modo, in definitiva, per “vivificare” un classico: bisogna prescindere dal suo classicismo, attualizzarlo, sommergerlo nell’esistenza. Questa mostra, a mio avviso, è un tentativo perfettamente riuscito di questo proposito, capace com’è di coniugare in maniera sorprendente l’antico e il moderno.
Tra i reperti/documenti più preziosi della mostra, quali quelli imperdibili?
In mostra si potranno vedere, tra gli altri, gli autografi della Scienza Nuova, dello Zibaldone di pensieri, delle Operette Morali, dell’Infinito, nella sua prima versione del 1819, di Alla Primavera e dello Stratone da Lampsaco, conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, lo splendido Globo di Vincenzo Coronelli (1650-1718). L’itinerario nel mito si avvale anche dell’esposizione di statue provenienti dal Museo di Palazzo Reale e dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Oltre alla parte più strettamente bibliografica e documentaria, l’esposizione si avvale del progetto Exhibit e multimediale a cura di Kaos Produzioni, con la direzione artistica di Stefano Gargiulo, mentre il progetto delle strutture espositive è di Giancarlo Muselli (già scenografo del film Il giovane favoloso di Mario Martone).
Al termine del percorso attraverso cui la mostra si dipanerà, cosa vorrebbe rimanesse impresso in ciascun visitatore?
Vorrei che la mostra suscitasse nel visitatore una rinnovata curiosità nei confronti di questi due giganti della cultura italiana e universale, così come del periodo storico in cui si trovarono a operare. In particolare, mi auguro che attraverso il viaggio immersivo nei testi, nelle idee e nelle fonti che la mostra propone, il visitatore possa cogliere appieno il messaggio che giace sul fondo della riflessione sia di Vico che di Leopardi, ovvero la ferma volontà espressa da entrambi di ridestare l’uomo affinché prenda coscienza della costante possibilità del naufragio dell’umano, della caduta nella barbarie, assumendo tale consapevolezza con una precisa funzione preventiva e terapeutica contro i rischi provenienti da una società sempre più disumanizzata e spersonalizzante. È necessario, a tale scopo, riconoscere la barbarie ritornante come uno dei mali più gravi per l’uomo contemporaneo, in un’epoca come la nostra, invece, del tutto incapace di provare angoscia, completamente sorda alle conseguenze nefaste di una sua indotta e inconsapevole rimozione, in quanto affetta da una dilagante cecità cognitiva e da un altrettanto preoccupante analfabetismo emozionale.
Dopo il finissage previsto per il 21 luglio, dove troverà collocazione il copioso materiale e come voi curatori immaginate di tenerlo “vivo”, a disposizione della città, degli studenti, dei semplici cultori?
Tutto il materiale espositivo ritornerà a far parte dei beni artistici e culturali conservati a Napoli nella Biblioteca Nazionale, nel Museo di Palazzo Reale e nel Museo Archeologico. La mostra nasce anche con questo preciso intento: aprire questi meravigliosi scrigni al pubblico per svelarne i preziosi tesori che la città di Napoli custodisce gelosamente nel suo ventre.
Orari di apertura:
dal lunedì al venerdi: dalle 10 alle 17
sabato, domenica e festivi: dalle 10 alle 19
mercoledì chiuso