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Nel libro edito da Evalunaedizioni il racconto in analogico del Mediterraneo, a cura di Patrizia Varone.

di Rita Felerico

Patrizia Varone

Patrizia Varone

Esiste un libricino semplice, non appariscente, da non definire proprio come catalogo, piuttosto un prezioso quaderno blu, in forma di diario. Parlo di “Tracce”. Edito da Evaluna storico caffè letterario napoletano, ideato dalla poliedrica Lia Polcari – e presentato lo scorso 6 maggio nelle sede di piazza Bellini, vi vengono pubblicate alcune delle fotografie in versione non analogica che  Patrizia Varone dedica al Mediterraneo, oggetto per lei di un progetto culturale e professionale al quale si dedica da tempo e che ha molto a cuore. Con i suoi scatti – che sommessamente  definisce ‘datati’ – ci immette in un mondo che non è per lei ‘oggetto’ da porre in posa o da cogliere in inattese istantanee, ma da descrivere attraverso tracce/immagini che ne colgano insieme alla bellezza tutta la valenza immaginifica e  storica. Scrive nella prefazione: “Immagini che vengono identificate solo con l’anno di produzione affinché possano parlare per lasciar cogliere ciò che si intuisce viaggiandoci intorno: l’Animo Mediterraneo. Nelle fotografie, tutte da pellicola 135mm, i ritratti divengono nient’altro che testimonianze, per questo Tracce, della presenza umana, della sua evoluzione e dei segni che ha lasciato e lascia lungo i percorsi del Mediterraneo”. Ho conosciuto Patrizia in occasione della presentazione di un altro volume da lei pubblicato nel 2017 da Rogiosi editore Vite Mediterranee, che ha segnato la nostra amicizia e il nostro ‘sentire mediterraneo’, che mi ricordano gli indimenticabili versi di Eugenio Montale

Mediterraneo
Antico, sono ubriacato dalla voce
ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t’era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l’aria le zanzare.

Come allora oggi la tua presenza impietro,
mare, ma non più degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m’hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e svuotarsi cosi d’ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.

Fabio Donato

Fabio Donato

Descrive questo sentimento di appartenenza e comunanza anche  Nicola Saldutti, compagno di studi di Patrizia e affermata penna del Corriere della Sera, sia nella  nota all’interno del quaderno sia durante la presentazione: “Patrizia cerca qualcosa nel Mediterraneo, in questo mare che è un insieme di fughe, ritorni, violenze, dolori, bellezza, il mare dei dispersi e dei profughi, cerca le origini, una identità. Non vi è la paura piuttosto l’attesa di una scoperta”. Un mare che non possiede confini di tempo e di spazio, che non smette di stupirci aprendoci le sue rotte infinite. Fabio Donato, Maestro anche di vita per Patrizia, sottolinea questo significato, puntando l’attenzione sul ‘racconto’; Tracce sono pensiero, sono racconto di parte della sua vita, se è vero che la fotografia è ologramma di luce che si muove nello spazio. “L’autrice propone – continua Donato – una fotografia che non c’è più, è la fotografia che ci permette una riflessione ed è così che si mette in gioco”.
Patrizia continua a fotografare tutt’ora in analogico, rispecchiando una ricerca che va verso la scoperta di un linguaggio naturale, realistico, immediato ma anche verso un immutato ricercare nel tempo di un significato, quello che si nasconde di Mediterraneo. E proprio oggi, quando questo mare è divenuto qualcosa che va oltre la sua storia e la sua bellezza, ovvero scenario di violenza e di bieca e buia umanità. Condividere, mostrare, guardare insieme queste immagini senza studiati algoritmi è ripercorrere la sua ma anche la nostra storia personale intrecciata a quella delle civiltà accomunate da simboli, parole unite dal mare. Quello di Patrizia si rivela, così, un atto poetico e coraggioso. Francesco Bellofatto lo sottolinea più volte durante l’incontro di presentazione; non ci troviamo dinanzi ad immagini ‘classiche’ né a quelle che ne descrivono l’attuale scenario di  degrado; è difficile pensare in digitale queste immagini dense di ‘pensiero’. E di emozione, aggiungo; per questo ne apprezzo lo spessore di ‘ascolto’ che ne emana, un complice gesto di intesa rivolto a noi su verità e azioni del ‘comune sentire’sul quale spesso si dimentica di comunicare.

 

[Patrizia Varone , giornalista professionista e direttrice della rassegna Mediterraneo: fotografie tra terre e mare (www.mediterraneofotografia.eu) promosso dall’Associazione Lo Cunto aps, ha pubblicato vari cataloghi e testi sul tema: Sguardi dal Mediterraneo con gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli; Mediterraneo Mare Nostrum: tra Mare e Terra, in collaborazione con la Mediateca Santa Teresa di Brera; Verdeblu con la scuola Holden di Torino, un esperimento corale rielaborato in testo teatrale da Lucilla Giagnoni per il Teatro Gobetti di Torino]

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