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Una giovane donna al centro del nuovo romanzo della scrittrice napoletana Vincenza Alfano che indaga la sofferenza, l’amore, la perdita e la ricostruzione di sé tracciando una storia che profuma di vita.

di Luca Signorini

Il libro

Il libro

Il dolore, come solo le donne subiscono, lo racconta Vincenza Alfano*.
Un universo femminile con uomini importanti e assenti: l’ombra del padre scomparso che condiziona la vita intera di Iris e ne forgia la capacità di resistere alle avversità peggiori – le avversità che affliggono i sentimenti e condizionano la crescita; la presenza umbratile di padre Francesco, che ama suor Irene e ne è riamato, ma che non ha la forza di fare la scelta estrema, togliersi l’abito sacerdotale e vivere la sua vita insieme all’amata, producendo altro dolore, che si alimenta dell’amore che Irene nutre per lui.
Quindi sofferenza subita, amore donato invano. Ma forse non del tutto invano, se si vuole dare un senso all’esistenza che è per sua natura proiezione verso la morte e inevitabilità di avversità e ingiustizie. Il frutto sano, positivo, concimato e prodotto da tutta la sofferenza subita dalla protagonista fin dalla più tenera età è nella finestra che si spalanca su Napoli, nel ritrovare se stessa e infine nel compattarsi della sua propria storia; storia drammatica che riacquista un senso, una proiezione nel futuro – felice o infelice non sapremo –, ma certamente un senso.
Donne che devono decidere, a causa della loro professione, il destino di altrui vite, soffrendo per questo e sommando a questo disagio le proprie quotidiane difficoltà personali, familiari.
Donne che dopo un’esistenza di miseria e solitudine trovano un raggio di sole improvviso negli occhi di una bambina della quale devono prendersi cura, legandovisi inevitabilmente e profondamente; per poi vedersela portar via senza un perché. Come se fosse, l’ingiustizia di una nuova ferita, strappo, mancanza, l’occasione per trovare una buona ragione di congedo dal mondo.
Il convento descritto nel romanzo edito da L’Erudita è luogo che riflette due aspetti della condizione umana: la capacità di influenzarsi vicendevolmente, di crescere insieme, di trovare nell’altro un’occasione di vita, di sollecitazione ad interessi che sono poi il fondamento della vita stessa, sostegno all’esistere; come anche l’amicizia, la complicità e l’amore. E poi la violenza di una regola e di una morale che spezza tutto questo, come in una dittatura che non ammette oppositori, che opprime e incarcera chi professa idee diverse, inibendole con la forza violenta del ricatto. Leggendo certi passaggi verrebbe voglia di citare Nietzsche per la sua durissima decostruzione della morale cristiana, dell’ascetismo; i suoi violenti attacchi ai mortificatori della carne, della vita, della sessualità, dei sentimenti, in nome di una sorta di vendetta: il ressentiment malato degli umili e derelitti nei confronti dei potenti e dei sani.
Per quanto padre Francesco sia un personaggio importante ma secondario nel romanzo, l’autrice lo fa sentire al lettore come di profondo spessore. Si tocca con mano la crisi esistenziale che lo attraversa. È uomo necessario: persona che ama sinceramente; la protagonista, senza di lui, risulterebbe incompleta, frammento di donna.
Il dolore come solo le donne subiscono, espresso in Chiamami Iris, fa intuire in Vincenza Alfano un vissuto personale: ad esempio nel potere salvifico, balsamo dell’anima, che è la lettura; vedi la scoperta del romanzo da parte della piccola Iris, scoperta che diventa alimento per lo scambio proficuo e felice col prossimo; strumento per imparare a convivere con se stessi e trovare risposte e nuove, salutari vie di pensiero.
Al di là della sapienza descrittiva, nei vari e nitidi ritratti nei quali il lettore visualizza uomini e donne abitanti un mondo difficile, denso di passioni e spietato nel contrastarle, e nelle descrizioni dei luoghi con i loro odori, bagliori, silenzi e chiassosità, la Alfano mette in campo la sua conoscenza profonda della perdita. Così come chi vuole davvero comunicare un messaggio d’umanità deve saper fare.

* È nata e vive a Napoli. Scrittrice, giornalista, insegnante. Conduce L’Officina delle parole, laboratorio di scrittura creativa. Scrive sulle pagine culturali del Corriere del Mezzogiorno, Dodici e Raffaello Magazine. È curatrice di antologie in cento parole per L’Erudita.  Ha pubblicato il saggio “A Napoli con Maurizio de Giovanni” ( Giulio Perrone Editore), “Incipit, istruzioni d’uso per aspiranti scrittori” (L’erudita), e  i romanzi “Via da Lì” (Boopen), “Fiction” (Photo CiTy), “L’Unica ragione” (Homo Scrivens), “Balla solo per me” (Giulio Perrone Editore), “Chiamami Iris” (L’Erudita).

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