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In risposta alla chiusura dei teatri in tempo di epidemia nasce, dalla penna arguta di Giulio Baffi, la prima critica ad una messinscena che non c’è. Ad ognuno la possibilità di immaginarne i dettagli e di sostituire le XXXXX con i nomi di chi si preferisce.

di Giulio Baffi

Foto di Andreas Glöckner da Pixabay

Foto di Andreas Glöckner da Pixabay

Finalmente a Napoli “XXXXX”, lo spettacolo dei record!

Aspettavamo da tempo di vedere questo spettacolo di cui si è sentito tanto parlare attraverso servizi televisivi e “passaparola” tra spettatori curiosi e/o informati. Giunto sulla scena napoletana dopo un così lungo percorso internazionale XXXXXX XX XXXXXX ha gremito il teatro XXXXXX in una serie di “esauriti” ancora soltanto in prevendita. Capita tanto raramente che uno spettacolo di successo sia preparato da un coro così credibile e grande di consensi ed “anticipazioni” del ben organizzato sistema di promozione e comunicazione, eppure che rimanga assolutamente sorprendente per chi vi assiste. Così è accaduto anche per il pubblico napoletano, rimasto fin dai primi momenti dello spettacolo sorpreso dal lavoro messo in scena da XXXXXX, non appena i due attori di questo gruppo tanto affiatato ed evidentemente sicuro delle loro reciproche capacità, sono entrati in scena. Due protagonisti ed un coro nascosto ed aggressivamente sonoro, come per una irruzione improvvisa o una sorpresa compiaciuta XXXXX ed XXXXX erano preceduti dalla grida di una folla invisibile, sono entrati in scena catapultandosi dall’alto e letteralmente precipitandosi a fendere il buio costruito tutt’intorno dalla nervosa regia di XXXXX per provocare un vero vortice sonoro e visionario in cui si rispecchia la scrittura crudele di XXXXX.
Scrittura complessa, con riferimenti precisi al teatro dei primi anni del secolo scorso, eppure trasformato in una inquietudine contemporanea, nell’irrompere delle ombre insicure di una coscienza sociale che, ieri come oggi, cerca un nuovo percorso, non necessariamente pacifico o rasserenante, per giungere all’affermazione, e quindi alla messa in scena, di valori altrimenti tenuti sopiti negli anni ormai lontani in cui la figura femminile “doveva” essere esclusivo privilegio a disposizione della famiglia. Ecco che, ancora una volta, quest’attrice di straordinaria sensibilità e capacità di coinvolgimento emotivo, riesce ad impadronirsi del palcoscenico adoperando il suo sapere, conquistato in anni di continue e successive imprese quasi “impossibili”, per impadronirsi di una iperbolica drammaturgia dei sentimenti. Ritorna così prepotente una sorta di “necessità” della rappresentazione vissuta come denuncia, o affronto necessario alla rappresentazione della “verità” attraverso lotte violente nell’intreccio d’inevitabili percorsi rabbiosi. E questo straordinario “corpo a corpo” con il personaggio di XXXXX che XXXXX interpreta con la sua faticosa costruzione, prende forza e forma lasciando lo spettatore sorpreso per l’evidenza drammatica di una partitura sonora feroce e vera. Tutto il corredo di suggestioni che dal buio cercano spazio attraverso le luci di XXXXX, e sembrano poter colorare d’improvvisi squarci in paralleli percorsi sonori (la musica di XXXXX è segno altrettanto forte nell’inconsueta presenza voluta dalla regia) prende corpo e certezza. Così raffinatezza e sapienza del lavoro di regia offrono alla interpretazione serrata di XXXXX e di XXXXX la possibilità di una sorta di confessione in cui l’intreccio dei sentimenti ritorna ad affiorare con prepotenza cattiva, ponendo interrogativi non risolti né dagli storici più attenti di un periodo tanto difficile da inquadrare anche a distanza di tanti anni, e tanto meno dalle cronache a cui con tutta evidenza si è rifatto l’autore per costruire questo suo originale percorso drammaturgico.
Resta da segnalare la bellezza essenziale della scenografia di XXXXX capace di fare emergere dal nero profondo che avvolge l’azione improvvisi e sorprendenti segni ed architetture, e la raffinata eleganza da “haute couture” dei due coloratissimi costumi di XXXXX in severo contrasto con la domestica compostezza dell’abito scuro di e XXXXX. Successo atteso che si è, come previsto, ripetuto anche a alla “prima” napoletana.
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