Sull’attualità del presepe. “Natale in casa Cupiello” di Edoardo de Angelis [TV]
Rischiosa e audace l’operazione di trasposizione del testo eduardiano in tv per la regia dell’autore dei premiati “Indivisibili” e “Il vizio della speranza”. Eppure più di 5 milioni di spettatori ieri su Rai Uno hanno scelto di vederlo decretandone la vittoria negli ascolti. L’analisi critica del mediologo Vincenzo Del Gaudio per capirne punti di forza e criticità.
di Vincenzo Del Gaudio
Bisogna avere coraggio! Per prendere in mano quella che è una delle commedie che ha prodotto un immaginario condiviso, potente e ancora sedimentato, bisogna avere tanto coraggio e il coraggio spesso può sfociare nella pazzia. Natale in casa Cupiello diretto da Edoardo de Angelis – andato in onda ieri in prima visione su Rai Uno – è sicuramente un’operazione coraggiosa.
Il motivo principale è che le opere di Eduardo de Filippo non sono semplicemente copioni scritti, opere letterarie che possono e devono essere rimesse in scena ma su di esse grava l’interpretazione dello stesso Eduardo. Potremmo dire che esse, a differenza di altre drammaturgie, nascono in chiave intermediale perché su di esse si è sedimentata oramai la versione che il drammaturgo napoletano produsse a partire dalla metà degli anni Cinquanta per la RAI inaugurando una importante stagione del teatro televisivo.
Il problema, come spesso si è detto, è che non esiste esclusivamente l’Eduardo drammaturgo ma anche l’Eduardo attore – uno dei più importanti attori del Novecento invero – che, a differenza di Totò, come aveva intuito Alberto Abruzzese, raggiunge la sua consacrazione popolare non tanto con il cinema quanto con la televisione. In questa costellazione Natale in Casa Cupiello non è un’opera qualsiasi, è quella che più di tutte è stata trasmessa, messa e rimessa in scena e che rappresenta un piccolo frammento di immaginario natalizio almeno di un paio di generazioni.
Il pericolo ricorrente, dunque, è quello di scrollarsi di dosso l’interpretazione eduardiana, far giocare l’Eduardo drammaturgo contro l’Eduardo grande attore. Questa operazione, spesso titanica, è stata provata più volte nell’ultimo trentennio; emblematica a mio avviso è quella di Antonio Latella che, proprio nel mettere in scena Natale in Casa Cupiello trasforma l’intera pièce in un presepe, centro nevralgico delle ossessioni del protagonista Luca Cupiello.
De Angelis affida la sfida a Sergio Castellitto che, dal canto suo, costruisce un Luca assolutamente anti-eduardiano, anzi gioca proprio a recitare nei vuoti lasciati da Eduardo, amplifica i silenzi e gli scatti d’ira risultando a volte sopra le righe al netto dell’accento napoletano di maniera che spesso risulta affettato e poco incisivo. Castellitto prova altresì a mettere in campo una serie di ossessioni personali lavorando su una mimica scarna, essenziale, allo scopo di azzerare la sacralità dell’interpretazione di Eduardo, che al netto di alcuni momenti – come quando prende da parte Nennillo, interpretato egregiamente da Adriano Pantaleo, per fargli confessare di aver rubato “le cinquecento lire” allo zio Pasquale – non riesce a creare tensione.
La messa in scena si apre con una città innevata che sembra uscire direttamente da un presepe, alcuni zampognari passeggiano e suonano sulla coltre bianca, per poi trasferirsi nella casa della famiglia Cupiello. L’operazione di De Angelis di far uscire le vicende familiari dalle mura domestiche, ambientandole in un luogo fiabesco ha il pregio di evitare da subito il confronto visivo con la messa in scena edoardiana, strategia che, per inciso, poteva essere sfruttata di più. Dopo pochi secondi ci ritroviamo nel focolare domestico dove grossa parte della commedia è ambientata e qui, per quelli che conoscono la messa in scena originale, si produce un primo shock percettivo, ovvero De Angelis decide di provare ad azzerare il portato comico del primo atto facendo di Luca un uomo solo e schiavo delle sue nevrosi e in balia del rapporto oramai logorato con sua moglie Concetta, interpretata da Marina Confalone. Tutte le parti che nell’opera eduardiana hanno uno slancio comico si perdono nel gioco di sguardi tra i due attori, sguardi sbilenchi e stanchi, accentuati dai continui primi piani del regista. Questa strategia, se ha il pregio di allontanare l’ingombrante messa in scena di Eduardo, ha però il difetto di consumare completamente il primo atto rendendolo di fatto inessenziale e spesso inutilmente didascalico. Il rapporto tra Luca e il figlio Nennillo si consuma in una serie di esternazioni isteriche che si amplificano grazie a quello in pratica inesistente di Luca con la figlia Ninuccia, interpretata superbamente da Pina Turco, che è alle prese con un matrimonio nei fatti finito e con un amante pressante.
L’idea di De Angelis sembra essere quella di costruire un Carnage in salsa presepiale e forse è proprio quello il limite: le tensioni familiari, epurate della sottile ironia eduardiana, sfociano spesso in violenti attacchi di ira che limitano il raggio d’azione del lavoro circoscrivendo la complessità del testo originario. Esempio lampante di tale logica è la messa in scena del rapporto tra Luca e suo fratello Pasquale interpretato da Tony Laudadio, in cui la complicità fraterna quasi scompare in favore di una più fredda tolleranza.
La messa in scena del regista classe 1978 è sicuramente coraggiosa e più riuscita quando prova ad eliminare completamente il substrato teatrale della commedia, cioè quando prova ad accoltellare l’Eduardo tele-teatrale, ad esempio nei rari momenti girati in esterna in cui si sostanzia una maestosa messa in scena del potere delle immagini, mentre risulta più didascalica quando po’ di questo coraggio viene meno e si rischia di sfociare in qualcosa che non è né teatrale e né televisivo. La televisione che fa teatro deve avere il coraggio di essere televisiva, parafrasando ancora Abruzzese, cioè di sfruttare al massimo il linguaggio televisivo e a volte questo, nel lavoro pur apprezzabile trasmesso ieri sera, si perde.
L’eleganza del tocco di De Angelis e di Massimo Gaudioso, coautore della sceneggiatura, è però innegabile e consiste nell’aver preso un testo che agli occhi dei più appare sacro, averlo profanato, riportato all’uso, fatto ricircolare nelle sue linee generali e le sue possibili rimesse in scena ma rispettandone il manga primigenio, e di averlo cesellato in immagini spesso ammalianti. Consiste cioè nell’aver avuto il coraggio di fare Eduardo senza Eduardo per rispettare Eduardo, e se qualcosa stona poco importa. Alla fine è comunque ancora Eduardo che vince perché ci costringe a rispondere ancora una volta all’interrogativo: “Ce piace ‘o presepio?”, a qualcuno si e a qualcuno no; a noi, anche se è un presepe poco tradizionale, in fondo è piaciuto.