“Teatro nel bosco” per combattere la povertà educativa
Con il progetto ideato e organizzato da Vesuvioteatro.org e condotto da Putéca Celidònia, il bosco della Reggia di Portici si trasforma in luogo fertile dove inventare storie, stimolare l’immaginazione e interagire con l’ambiente circostante.
di Ileana Bonadies
Conclusasi con successo e partecipazione la prima edizione del progetto “Teatro nel bosco” che ha coinvolto 22 bambini di età fra i i 6 e i 10 ani, molti dei quali provenienti da situazioni di disagio. Finalizzato a stimolare le relazioni, la creatività e ricevere ed elaborare stimoli dal contesto in cui si agisce attraverso pratiche di teatro-educazione, il laboratorio è stato curato dalla compagnia Putéca Celidònia formata da giovani ex allievi della Scuola del Teatro Stabile di Napoli, ma già molto attiva nel campo della formazione in aree disagiate, e ha visto la collaborazione preziosa dell’Istituto comprensivo De Lauzieres di Portici nella segnalazione di bambine e bambini interessati, quella del Comune di Portici che ha patrocinato l’evento e infine del Centro MUSA – Musei della Reggia di Portici.
Per scoprire di più dell’iniziativa svoltasi dall’11 maggio al 4 luglio all’interno dell’Orto botanico della Reggia di Portici, abbiamo intervistato gli organizzatori e i docenti e quello che segue è il loro racconto:
Come nasce l’idea di Teatro nel bosco?
Teatro nel Bosco è un laboratorio teatrale gratuito in natura ideato e diretto da Vesuvioteatro.org per bambini dai 6 ai 10 anni, realizzato all’interno dell’Orto Botanico di Portici grazie al contributo di Unicredit Foundation e condotto da Putéca Celidònia.
Il progetto è nato nell’autunno del 2020, in un momento in cui le nostre speranze di ripartenza e di ritorno ad una vita attiva per adulti e bambini erano naufragate a causa della seconda ondata di contagi da Covid-19. In Campania le scuole hanno interrotto le lezioni in presenza già a partire dal 16 ottobre, un’intera popolazione di bambini e ragazzi, dopo la breve pausa estiva, si è ritrovata, ancora una volta, rinchiusa in casa per ragioni che tutti conosciamo. Proprio nel momento in cui ripiombavamo nello sconforto della asocialità, del timore, dell’isolamento, ci siamo concentrati su un progetto di speranza, pensato per la primavera successiva, fondato sulla consapevolezza che i mesi a venire avrebbero lasciato un segno su vita, comportamenti e salute dei più piccoli e delle loro famiglie. Il teatro, l’arte, la natura, la bellezza possono diventare importanti strumenti di rinascita, risveglio della consapevolezza e cura delle solitudini e del disagio, hanno la capacità di creare incredibili ponti tra gli esseri umani e di accendere connessioni con quella parte di noi che rimane nascosta.
È così che Teatro nel Bosco è nato, accompagnato da un senso di necessità e dalla voglia di guardare già alla guarigione proprio nell’attimo in cui penetravamo nel tunnel di una malattia che è diventata sociale oltre che fisica, essendo immediatamente consapevoli che sarebbe stato imperativo renderlo gratuito e accessibile a tutti, e che si sarebbe reso necessario il coinvolgimento delle realtà del territorio.
Abbiamo dunque avviato un dialogo con gli Istituti Scolastici e con il Comune di Portici, che ci ha concesso il Patrocinio e ci ha coadiuvato per il coinvolgimento di famiglie a rischio di isolamento; abbiamo attivato una collaborazione con il MUSA – Musei della Reggia di Portici, una realtà molto attiva sul territorio e con cui abbiamo avuto molte occasioni di collaborazione negli anni, che ci ha gentilmente concesso l’uso di uno spazio all’aperto del magnifico Orto Botanico di Portici, un luogo di inestimabile valore storico oltre che naturale.
A questo punto ci siamo interrogati sul tipo di laboratorio che desideravamo mettere in campo, tenendo presente l’esigenza di lavorare all’aperto, a contatto con l’ambiente circostante, attraverso una forma che da una parte prevedesse un percorso di apprendimento, e dall’altra contemplasse dinamiche in qualche modo riabilitative, estemporanee e flessibili, tese alla costruzione di relazione, alla ricerca di sentimenti e tensioni da portar fuori liberamente. Ci siamo dunque rivolti, per la conduzione del laboratorio, ad un gruppo di giovani artisti che ha una vasta esperienza nel lavoro con i minori e in particolare con minori a rischio sociale, i Putéca Celidònia, una giovane ma già importante compagnia teatrale, nata dall’incontro di ex allievi della Scuola del Teatro Stabile di Napoli, che oltre al lavoro di produzione spettacoli, porta avanti un discorso molto articolato sul teatro come strumento di evoluzione personale rivolto soprattutto ai più giovani e lavora in beni confiscati alla camorra nel Rione Sanità di Napoli dove conduce un laboratorio gratuito per bambini, così come nel’Istituto penale minorile di Nisida e con i richiedenti asilo dello Sprar/Ex Canapificio di Caserta.
Il progetto Teatro nel Bosco è vincitore del bando “Call for the Region 2020” della Unicredit Foundation, ed è stato l’unico progetto, tra quelli selezionati in tutta Italia, incentrato sul teatro e sull’arte. È stata una grande emozione, a quel punto non ci è rimasto che attivare la macchina e cercare di realizzare qualcosa di straordinario.
Ad accesso gratuito per bambini dai 6 ai 10 anni, che platea vi siete trovati davanti e a quali esigenze avete in particolare modo risposto?
Il contesto in cui lavoriamo, ovvero i territori Vesuviani, ha una particolare caratteristica, si tratta di un luogo fortemente identitario nel quale la popolazione possiede un grande senso di comunità e di memoria collettiva. Purtroppo però si tratta anche di un territorio che manifesta delle sofferenze a livello sociale, economico e culturale. Il disagio sociale, la povertà educativa, i disturbi comportamentali sono fenomeni da contrastare tutti i giorni e con tutti i mezzi a disposizione, tra cui i linguaggi artistici.
Abbiamo lavorato con bambini e bambine provenienti da vissuti molto diversi tra loro, siamo stati attenti a creare un ambiente eterogeneo e composito in modo da permettere il nascere di relazioni significative e complesse. Gli operatori sono stati bravissimi nel creare delle dinamiche di gioco e di lavoro inclusive che hanno permesso il consolidarsi di un gruppo di lavoro unico e coeso ed è stato molto bello assistere alla nascita di bellissime amicizie.
Il laboratorio è partito inoltre all’indomani del secondo lockdown, dopo un lungo periodo di zona rossa in Campania e di didattica a distanza, i bambini venivano dunque da un periodo di isolamento forzato e chiusura, alcuni hanno avuto bisogno di un po’ di tempo per prendere familiarità con l’ambiente naturale, con il giocare e lavorare sul prato, a contatto diretto con la terra e gli alberi, altri invece erano talmente entusiasti del ritorno all’aria aperta che hanno fatto fatica a convergere le proprie energie verso un lavoro unico e organico. Ma nel giro di un paio di settimane il gruppo ormai era affiatato e guardava nella stessa direzione.
Dal punto di vista organizzativo, ci siamo molto impegnati nel creare una relazione stabile e diretta con le famiglie di riferimento, cercando di mantenere un dialogo quotidiano e abbiamo creato un’occasione finale di condivisione del lavoro in cui i genitori e gli adulti di riferimento sono stati invitati ad entrare nel laboratorio e a svolgere gli esercizi teatrali guidati dai loro personali insegnanti, i bambini stessi! E’ stato emozionante per tutti.
Vesuvioteatro si caratterizza per progetti site specific, costruiti proprio intorno al contesto in cui si realizzano: quale valore aggiunto si trae dall’operare in questo modo e quali gli insegnamenti tratti in questi anni che hanno poi influenzato la vostra realtà produttiva?
Il nostro gruppo di lavoro è nato nel 1996 e la prima rassegna teatrale estiva che abbiamo ideato, e organizzato, “I cortili del teatro” era ambientata nei cortili delle ville borboniche della zona vesuviana, che in alcuni casi abbiamo recuperato e valorizzato attraverso l’attività di spettacolo.
Da allora ci siamo specializzati nello sviluppo di attività culturali e di spettacolo nei siti del patrimonio storico artistico non solo della zona vesuviana, ma di tutta la Campania, selezionando e ospitando spettacoli e performance di respiro nazionale in luoghi spesso chiusi al pubblico, a volte abbandonati o anche in collaborazione con i grandi enti del nostro territorio che se ne prendono cura come la Fondazione Ente Ville Vesuviane, il Musa – Musei della Reggia di Portici o il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, con cui condividiamo il desiderio di far vivere alle persone un’esperienza unica fatta di arte, storia, bellezza.
Già dagli inizi della nostra attività abbiamo prestato una grande attenzione al pubblico dei più giovani, sia attraverso una decennale rassegna di teatro-scuola, “La scatola magica”, che ha coinvolto decine di istituti scolastici del territorio, sia attraverso la produzione e organizzazione di spettacoli nell’Orto Botanico di Portici. Siamo molto lieti di aver avuto l’occasione di arricchire questa attività attraverso questo laboratorio di teatro in natura. Abbiamo intenzione di proseguire su questo fronte, è stata per noi un’esperienza molto significativa che ha ricevuto un riscontro molto positivo, siamo consapevoli di aver individuato un bisogno del nostro territorio e vogliamo continuare ad offrire, con il nostro lavoro, occasioni di confronto e di crescita.
Crediamo fortemente che il teatro, la cultura e le arti siano di fondamentale importanza per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone, per l’evoluzione personale e collettiva, soprattutto in questa speciale formula fatta di arte, architettura, paesaggio, natura, un perfetto connubio per offrire un’esperienza multisensoriale e creare comunità valorizzando il nostro territorio.
In questo speciale contesto di idee è nato anche il progetto “Racconti per Ricominciare”, evento diffuso di percorsi teatrali al tramonto nei siti del patrimonio culturale campano, nato nel 2020 e riproposto anche quest’anno con grande successo di pubblico. Speriamo diventi un appuntamento stabile e sempre più esteso del territorio campano.
La nostra mission è portare bellezza, scoprirla, riscoprirla, restituirla ed ogni progetto che realizziamo ci arricchisce e ci porta ad acquisire nuova consapevolezza, è un processo che si autorigenera costantemente. Quando si lavora a stretto contatto con i luoghi del territorio e a stretto contatto con la popolazione si va incontro a percezioni e eventi inaspettati che generano nuove idee, è un processo di crescita condiviso con tutti i protagonisti in gioco, di cui il pubblico è parte integrante.
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Putéca Célidonia è una realtà giovane che però si è finora già positivamente contraddistinta per le attività laboratoriali e di formazione che svolge soprattutto con i bambini e i ragazzi: come nasce e si struttura la vostra modalità di svolgimento?
Il nostro fare formazione nasce dall’esigenza di ognuno di noi di donare qualcosa al territorio che ci ospita ormai da tre anni. Nel 2018, infatti, ci viene proposto dall’APS Opportunity di gestire uno dei due beni confiscati alla criminalità organizzata che gli erano stati affidati nel quartiere Sanità di Napoli. Quello spazio diventa da subito una casa per la nostra ricerca artistica ed abbiamo deciso di aprire un corso di teatro gratuito per i bambini del quartiere, creando così uno scambio reale con le persone che ogni giorno vivono quel posto. Sin dal primo momento abbiamo capito che la nostra struttura d’insegnamento abbraccia due vie del teatro: quella della fantasia-immaginazione e quella del gioco teatrale. Nel primo anno tanti sono stati i progressi che ci hanno portato a consolidare sempre di più la nostra metodologia, che punta ad una reale condivisione con chi abbiamo di fronte, senza strumentalizzare la loro condizione, ma stimolando la loro personalissima identità creativa. Così, partendo dal quartiere Sanità, siamo arrivati prima all’Istituto Penale Minorile di Nisida, poi a Caserta con gli ex richiedenti asilo con il progetto Komorebi, a Portici con il laboratorio “Teatro nel Bosco”e a Forcella con “Alla Ricerca del Teatro Perduto”. Abbiamo infatti creato un filo rosso, nella consapevolezza di strutturare un lavoro propedeutico al risanamento di piccoli vuoti sociali.
In particolare, il laboratorio Teatro nel bosco quali esperienze ha portato a vivere ai piccoli partecipanti?
I piccoli attori di Teatro nel Bosco hanno, prima di tutto, liberato la loro grande energia e la loro fantasia all’aria aperta e in uno scenario meraviglioso e suggestivo, quale appunto il bosco della Reggia di Portici. Dopo un anno e più, così difficile, percepire la loro gioia di voler giocare attraverso il teatro è stato davvero vitale. Hanno seriamente giocato attraverso il teatro, esplorando il proprio corpo nello spazio connesso alla natura, all’immaginazione e alla relazione con gli altri. Hanno sperimentato nuovi linguaggi espressivi con cui comunicare all’esterno e con se stessi. Attraverso una ricerca continua e supervisionata, fondante l’obiettivo della conoscenza di sé.
Movimento corporeo, improvvisazione, costruzione dell’identità di un personaggio attraverso la maschera sono alcuni dei passaggi di avvicinamento al più complesso ‘fare teatro’: quanto conta ciascuno di questi aspetti in un progressivo percorso di formazione e perché?
In questo laboratorio questi tre aspetti, come i vasi comunicanti, si autoalimentano e si autovalorizzano in una costante sintesi.
Importante è, certamente, un approccio progressivo e preciso che conduce allo sciogliere e liberare la propria espressività corporea e di parola, a stimolare il pensiero e quindi la creatività nell’elaborazione di un personale ‘fare teatro’ che può anche vedersi concretizzato in un personaggio frutto della propria fantasia, oppure no. Infatti, nella nostra metodologia, centrale è partire dalla ricerca corporea per poi giungere alla necessità scenica.
Nel caso di Teatro nel Bosco, immersi nella natura e partendo da essa, è stato particolarmente stimolante e pertinente arrivare alla creazione di maschere ispirate all’elemento naturale e magico.