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Dopo la presentazione pubblica delle linee programmatiche che porteranno alla definizione del Piano della Cultura 2022 – 2026 per la città di Napoli e la sua area metropolitana, riceviamo e pubblichiamo l’appello rivolto al sindaco Manfredi promosso da alcuni operatori del settore (elenco in via di aggiornamento) finalizzato a integrare e ampliare il lavoro predisposto dal consiglio di esperti incaricato.

Fonte foto web

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Lunedì 14 marzo 2022 presso il Teatro Mercadante il sindaco Gaetano Manfredi ha presentato alla città di Napoli il documento sulle Linee di indirizzo in tema di politiche culturali e gli step che porteranno alla definizione del Piano della Cultura 2022 – 2026 da varare entro questa estate.
Come si legge nel documento, l’obiettivo è di tracciare il quadro di riferimento entro cui l’Amministrazione dovrà muoversi nei prossimi anni, “stabilendo le priorità, condividendo un metodo, delineando obiettivi specifici da raggiungere, tempi e modalità di realizzazione, risorse finanziarie e modelli di gestione”, con riferimento alla città e alla sua area metropolitana.

A definire la visione e le nove sfide strategiche (sguardo largo alla città metropolitana; proiezione internazionale; creazione/rifunzionalizzazione degli spazi; vocazione dei siti culturali; dialogo con il digitale; focus sulla cultura scientifica; collaborazione innovativa; processo condiviso di creazione; filiera delle competenze) un gruppo di lavoro formato da: Francesca Amirante, Gennaro Carillo, Stefano Consiglio, Yvonne De Rosa, Francesco Izzo, Andrea Mazzucchi, Renato Quaglia,  Ferdinando Tozzi, Vincenzo Trione.
E del quale Consiglio, Mazzucchi e Tozzi il 18 marzo sono stati nominati per decreto “consiglieri del Sindaco a titolo onorifico”, rispettivamente per la valorizzazione dei beni di interesse storico; la programmazione delle attività culturali; l’industria culturale in tema di musica e audiovisivo.
Personalità indiscusse dell’ambiente accademico, esperti di gestione e impresa culturale di alto profilo, chiamati a definire bisogni e priorità, ovvero le due direttrici fondamentali lungo le quali si snoderà il successivo passaggio di coprogettazione nell’ottica di una identità di azione già ben identificata.

Eppure, se da un lato garantista è la presenza di tali nomi nel gruppo che ha lavorato all’elaborazione del documento, limitante sembra apparire il loro appartenere prevalentemente al mondo universitario, con poco o nullo spazio riconosciuto agli organizzatori, agli operatori culturali con esperienze lunghe e innovative, ai gestori di spazi culturali rigenerati, ai manager culturali che invece rappresentano la reale forza motrice del sistema cultura nella sua più caleidoscopica e complessa varietà.

Già in questa prima fase, per questo, prima ancora di passare a quella che si concluderà il 15 aprile e durante la quale si è chiamati a presentare proposte di azione (in merito alle quali nulla è stato specificato rispetto alle garanzie riconosciute ai proponenti e ai criteri di disamina delle suddette), opportuno sarebbe stato coinvolgere rappresentanti manageriali del mondo della Cultura partenopei. Gli artefici quotidiani delle pratiche culturali finora messe in campo o prossime a vedere la luce; gli “artigiani culturali” della produzione estesa, che esiste/ resiste/ persiste al di là dei cambi ai vertici della politica amministrativa.
Invece, come purtroppo avvenuto anche in passato, ciò che emerge è una sorta di distacco tra la mente e il braccio; tra chi segna il solco e chi quel solco lo dovrà attraversare con i propri mezzi per seminare interventi, iniziative, progettualità.
Con l’aggravante di non tener conto di quello che finora è stato fatto e che in qualche modo ha funzionato o rappresentato, quantomeno, una buona prassi da continuare a perseguire.

L’impressione, infatti, è che ogni nuovo Primo cittadino con il relativo entourage, una volta insediatosi, abbia la pretesa di iniziare daccapo il dialogo sulla questione culturale, come se nulla fosse accaduto negli anni precedenti e non vi fossero preesistenze da interpellare, del cui operato tener conto, di cui continuare a sostenere il percorso, con conseguente rallentamento della crescita della città
Ciò su cui indubbiamente bisognerebbe investire in termini di visione e successivamente di denaro, invece, è l’internazionalizzazione della proposta/offerta. Per cui per co-progettare diventa fondamentale il coinvolgimento di manager che intercettino e coordinino partner con capacità di attrarre investimenti, nonché la disponibilità del Comune a fare da garante per Fondi Europei e il reclutamento degli stessi partner internazionali.

Alla luce di ciò, la procedura delineata per la costruzione del Piano Cultura quadriennale, appare vetusta, già sperimentata senza grande successo, in cui dimora il rischio di far ritrovare al solito tavolo delle competizioni, senza che chiare, definite e certe siano le condizioni di sostegno in tema di finanziamenti per una reale ed efficace sostenibilità delle azioni.

Per questo motivo, sebbene l’avviata costruzione del suddetto Piano si desideri sia quanto più trasparente e condivisa possibile, in realtà già rischia di essere manchevole di un pilastro fondamentale: quello – lo ribadiamo – che attiene il filone, giustamente definito da Massimiliano Virgilio sul Corriere del Mezzogiorno del 16 marzo, della “pratica e del saper fare”, ovvero di “chi lavora nel fango da anni, se non da decenni” e per cui quel fango rappresenta la sola fonte di sussistenza.
Con il rischio che per nulla partecipato né democratico possa rivelarsi il processo di sviluppo-chiave della città.
Inoltre, se trasversalità, inclusione e approccio internazionale sono gli obiettivi, doveroso sarebbe coinvolgere anche le altre culture abitanti la città e immaginare insieme i passi da fare (valga da esempio, non esaustivo, il Capodanno Cinese, il CAM di Casoria con le sue mostre con artisti internazionali, il Goethe Institut, l’istituto Grenoble, gli ETS che hanno vinto progetti nel 2018 – anno del Patrimonio Culturale per l’appunto – ricevendo riconoscimenti europei e che vivono di  finanziamenti pubblici e privati, in ambito prettamente culturale, da almeno 10 anni, in modo da portare avanti realtà e progetti di best practice in ogni area metropolitana: da Acerra, a Casalnuovo, Scampia (area nord), passando per Quarto, fino ad arrivare a Monteruscello (area ovest) per continuare con Ponticelli, San Giovanni (area est), Portici e San Giorgio (area sud), per ciascuna delle quali andrebbe identificato una sorta di assessore alla Cultura ad hoc, che faccia sintesi delle esigenze dell’area di riferimento per poi relazionarsi con l’assessorato centrale.

A tal proposito, chiediamo a nome di tutti i firmatari di questo appello, di incontrarla per delineare concretamente il piano, con la proposta di farle da “assistenti culturali”, cominciando innanzitutto a mappare ciò che c’è e su cui è possibile investire, ovvero il sotterraneo, quello nascosto, quella parte culturale piccola ma in grado di creare innovazione, i pionieri che spesso faticano a trovare spazio ai tavoli istituzionali.
Potremmo, inoltre, mapparle con concretezza e sintesi gli ultimi trent’anni a Napoli e quelle politiche culturali vincenti in altre città o nazioni che innanzitutto danno molto spazio a nuove voci ed energie (proprio quelle che erano in minoranza lo scorso lunedì al Mercadante).
Nel segno di un rinnovamento che abbia il volto, le idee, le competenze di chi nei diversi quartieri ci mette davvero le mani, e sia carismatico, “trascinatore”, capace di dialogare con i diversi ceti, sia corpo e non solo mente!

Grazie.

FIRMATARI (elenco in aggiornamento)

Ileana Bonadies

Stefania Piccolo

Antonello Cossia

Carla Capaldo

Ivan Esposito

Enzo Salomone

Rita Felerico

Enrico Tomaselli

Loredana Stendardo

Stefania Bruno

Tiziana Stellato

Daniela Corvino

Laura Calandriello

Luigi Imperato

Anna Bocchino

Viola Forestiero

Ettore Nigro

Consiglia Aprovidolo

Maurizio Imparato

Ilaria Ceci

Viola Bufano

Roberta De Bernardinis

Armando Grassitelli

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