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In scena al Teatro Tram fino al 6 novembre, “È tutta colpa della luna”, diretto da Francesco Luongo, scandaglia, scompone, sminuzza il sentimento più potente di tutti: l’Amore. 

di Domenico Ascione

Fonte foto Ufficio stampa

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Forse è la parola più abusata, inflazionata dell’intero vocabolario universale. Ormai, nella società della superficialità e della fretta, dire “ti amo” è quasi come dire “buongiorno”. E allora per descrivere un sentimento così potente, per chi  ha la ventura di provarlo per davvero, occorrerebbero nuove parole, nuove voci, nuove storie. Quelle a cui ricorre il regista Francesco Luongo nell’allestire “È tutta colpa della luna”, ancora in scena al Teatro Tram di Napoli domenica 6 novembre alle ore 18, vengono da lontano: “Medea”, “Desdemona”, “Otello”, “Assunta Spina”; e sono proprio questi anche alcuni dei nomi che sospirano, evocandone la presenza, i tre talentuosissimi attori in scena, ovvero lo stesso Luongo, Sonia Totaro e Chiara Barassi. Come se in ogni donna, in ogni uomo, queste storie convivessero, rimbombassero all’unisono. C’è tanto, in uno spettacolo così complesso e articolato: c’è la violenza sulle donne, c’è la violenza delle donne. C’è la follia d’amore, la gelosia, l’invidia, la sottomissione, la dipendenza.
Perché l’amore è un “legame”; può saldarci all’altro in una lega apparentemente indistruttibile, oppure trascinarci nell’inferno più nero, in una prigione di massima sicurezza da cui è praticamente impossibile darsela a gambe. O tutt’e due le cose insieme.

Fonte foto Ufficio stampa

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In una mise-en-scène con zero orpelli (giusto un tappeto di petali di rosa, una specie di panchina-appendiabiti e due boccette d’incenso “attive”), sono i corpi degli attori, la loro prossemica, i loro registri vocali a trasportarci, con un continuo gioco di sovrapposizioni e giustapposizioni di personaggi, nei meandri più oscuri e reconditi della passione amorosa. C’è l’immancabile Shakespeare, c’è la Grecia, ma c’è anche la contemporaneità, c’è Napoli; perché l’amore cambia lingua, cambia implicazioni, cambia modalità, cambia dinamiche, ma amore resta. Secondo Schopenhauer «sulla terra non esistono due individui uguali, quindi per un uomo ci sarà sempre una sola donna che lo completi realmente; la probabilità d’incontrarla però è quasi nulla». Eppure per chi ama o desidera amare, cercare quella possibilità infinitesimale è la missione di una vita. Per amore ci si affanna, si soffre, si piange. Ci si commuove, insieme si gioisce, ci si bacia, ci si ferisce, poi forse si guarisce. Si sognano, s’immaginano, si abitano storie, brutte o belle. In nome dell’«Amor, che move il sole e l’altre stelle».

 

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