“Van Gogh: the immersive experience”, viaggio nell’arte di un genio ineguagliabile
Alla Chiesa di San Potito di Napoli, in via Salvatore Tommasi 1, fino al 30 aprile, l’estro del pittore olandese rivive attraverso un’esperienza multimediale di grande effetto, pronta a incantare ancora una volta, dopo il successo della prima edizione, i visitatori di ogni età.
di Domenico Ascione
«Se senti una voce dentro di te dire “non puoi dipingere”, allora dipingi con tutti i mezzi e quella voce sarà messa a tacere».
Una vita brevissima, quella dell’artista fiammingo, spentasi ad appena 37 anni manu propria. Con una pallottola in pieno petto; anche se, ormai a 170 anni di distanza dalla sua nascita, ancora non sono chiarissime le circostanze della fine di uno dei Geni più rivoluzionari, e dunque incompresi, della Pittura e della Storia dell’Arte figurativa in genere. Omicidio o suicidio, quel che è certo è che l’esistenza del nativo di Zundert fu tormentata dalla costante presenza di fantasmi della mente, suggestioni accese, voci, visioni oniriche, deliri, “impressioni”. Una sensibilità troppo grande per un mondo troppo minuto, scialbo, smorto, scolorito. Quei colori vividi che invece sono il tratto forse più caratteristico della sua pittura, così come le sue pennellate dense, pregne, quasi a far entrare la tridimensionale materia complessa della vita nella bidimensionalità della rappresentazione. Ed è proprio in questo senso che “The Immersive Experience” ci offre un’opportunità più unica che rara: quella di abitare letteralmente le opere di Van Gogh, osservarle una ad una da una prospettiva privilegiata. Anzi, da una prospettiva multipla: il cuore della mostra è infatti rappresentato da una sala in cui vengono proiettati a loop 350 capolavori dell’artista olandese. È la Chiesa stessa che si fa protagonista, prende vita, impregnandosi della grandezza di una genialità senza tempo, spazio né frontiera. Tutto si anima: le pareti, il pavimento, gli stipiti, gli archi, i volti degli estasiati testimoni di uno spettacolo unico al mondo. Una colonna sonora sempre perfettamente sintonizzata con le immagini che via via vanno scorrendo contribuisce a rendere impareggiabile l’atmosfera. E poi le scritte, citazioni, una voce narrante calda e accogliente scagliano lo spettatore nell’universo onirico di un personaggio tanto frainteso, persino disprezzato in vita quanto ammirato, talvolta idolatrato adesso. Altre sale, meno suggestive ma ugualmente interessantissime, offrono la possibilità all’avventore di turno di ammirare i quadri più rappresentativi dell’artista fiammingo; in una è ricostruita con precisione “la camera da letto” di Arles; in una seconda si può assistere a un documentario della durata di 5 minuti che fa ulteriormente luce sulle tecniche pittoriche utilizzate dal grande olandese. In un’altra ancora grandi e piccini possono cimentarsi nel creare, colorare opere da portare poi con sé in ricordo della visita. E, dulcis in fundo, c’è la “VR”, la realtà virtuale, attraverso la quale entriamo diritti diritti nella mente dell’autore, provando ad immaginare almeno per un effimero istante l’effetto che farebbe.
«Sogno di dipingere, e poi dipingo il mio sogno», ebbe una volta a scrivere Van Gogh in una delle innumerevoli epistole indirizzate all’amatissimo fratello Theo. E di sognare vale la pena, sempre. Anche se dalle grate di un manicomio. Come fece fino all’ultimo respiro Vincent, lasciandoci in eredità la responsabilità pesante ma necessaria di continuare a farlo. Avete tutti quanti tempo fino ad aprile; andateci: non vi vorrete più risvegliare.