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La principessa troiana tratteggiata da Christa Wolf nella sua omonima opera scritta, rivive sulle tavole di un palcoscenico attraverso la forza interpretativa di Cecilia Lupoli diretta da Carlo Cerciello.

di Francesco Niglio

Foto di Guglielmo Verrienti

Foto di Guglielmo Verrienti

Per il secondo anno consecutivo il Teatro Elicantropo di Napoli ha ospitato in cartellone “Cassandra” di Christa Wolf, per la regia di Carlo Cerciello, prima che il lavoro debutti al Teatro Franco Parenti di Milano, dove sarà in programma dal 30 marzo al 6 aprile 2023.
Un denso fumo rosso accompagna lo spettatore a prendere posto, ce ne sono solo quaranta disponibili. Nella sala disorientante, ammantata di un buio trafitto dal rosso, risalta all’occhio quello che dovrebbe essere il palco: giusto lo spazio che divide le due file di sedie. Il teatro tra il pubblico. Si spengono tutte le luci.
Dal basso e dal nero appare Cassandra. Viene dal passato o dal futuro? Una voce fuori campo la lascia parlare. Può il personaggio di un mito greco assumere tratti futuristici da Blade Runner? La messa in scena si avvale delle musiche di Paolo Coletta, calibrate affinchè il pathos non manchi mai, calzanti per affinità o contrasto al contesto narrato. La scena curata da Andrea Iacopino è illuminata dalle luci di Cesare Accetta, che fedele al suo cognome, fende lo spazio con il rosso e il blu, dosando buio e luce. Un lavoro preciso, che crea fin dal primo istante l’atmosfera perfetta per lasciarsi rapire dal monologo.
La sua voce arriva prima del suo volto, ma anche nel convulso temporale di luci e fumo, la sagoma che si scorge non ha nulla della grecità classica a cui siamo abituati: come un’eroina del cyberspazio, in stile post-punk, Cassandra appare al pubblico accasciata, nell’atto di sorgere. Il lavoro di costume, trucco e acconciatura riesce mirabilmente a creare un’estetica del personaggio in grado di lasciarne esprimere la carica interiore.

Foto di Guglielmo Verrienti

Foto di Guglielmo Verrienti

Il monologo dura un’ora, la carica della profetessa di sciagure è travolgente, il suo dolore ferisce e la sua rabbia entusiasma, merito assoluto della performance di Cecilia Lupoli. Sciamanica. Un’interpretazione del testo moderna, dove ogni parola ha un senso, un suono e un ritmo propri.
In scena ogni movimento appartiene ad una coreografia minuziosa, l’attrice si sposta avanti e indietro sul palco, legata da lunghi lacci neri. Tagli neri che fendono l’aria. Sembra che lascino vedere il dolore.
Il testo di Christa Wolf è un importante romanzo del secolo scorso, i discorsi sulla condizione della donna o sulla guerra brillano di un’attualità che non è solo quella ancora ascrivibile al mondo antico: le mura di Troia diventano proprio come quelle di Berlino per la forza di una critica sociale e politica che si addensa nel testo in maniera sottile e pungente, scardinando la storia dalla linea del tempo e lasciandola approdare in un registro linguistico che si permea di una contemporaneità disarmante. L’autrice, intellettuale tedesca attiva politicamente, che si è formata in una Germania divisa, rende Cassandra simbolo della dissidenza. E tanto la Lupoli che la interpreta, quanto il Maestro Carlo Cerciello che la forgia ex novo per portarla in scena, riescono a far vibrare a pieno la potenza di uno spettacolo-denuncia che lascia folgorati.

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